sabato 28 febbraio 2009

Rhum e Pera

Pera ha deciso che è tempo di svegliarsi e che la primavera è alle porte...


Rhum ha dato un'occhiata fuori, ma ha visto che per lui è ancora troppo presto ed è tornato a dormire... bravo il mio piccolo! :o)

Per le baby invece è ancora notte fonda............

martedì 24 febbraio 2009

Vaccinazione HPV problematica? Assolutamente no!

Vaccinazione anti-papillomavirus: stato epilettico con mioclono per due ragazze vaccinate con Gardasil
L’EMEA (European Medicines Agency) ha rivisto le informazioni disponibili sui 2 casi di stato epilettico con mioclono (ripetute e prolungate convulsioni con perdita di coscienza) segnalate in due ragazze vaccinate in Spagna con il vaccino contro il cancro della cervice Gardasil. Sulla base dei dati attuali, il Comitato per i Prodotti Medicinali ad Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia ha concluso che è improbabile che i casi siano correlati alla vaccinazione con Gardasil e che i benefici di Gardasil continuano a superare i sui rischi. Perciò il Comitato raccomanda di continuare la vaccinazione con Gardasil in accordo con i programmi vaccinali nazionali negli Stati membri. Entrambe le ragazze furono vaccinate con lo stesso lotto di Gardasil, si sono ammalate poco dopo la vaccinazione, ed ora stanno migliorando. A seguito dei due casi, il 9 Febbraio 2009 le Autorità spagnole della sanità pubblica bloccarono, per precauzione, la vaccinazione con il lotto interessato di Gardasil. Poco dopo anche le autorità italiane hanno bloccato la vaccinazione con questo lotto. La distribuzione dell’intero lotto è stata bloccata il 10 febbraio 2009. Il CHMP ed il suo Pharmacovigilance working party stanno ulteriormente indagando su questa situazione. E’ stato richiesto al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di fornire un’analisi completa del lotto, come pure ulteriori informazioni sugli effetti indesiderati del vaccino, qualsiasi caso simile e possibili modalità con le quali il Gardasil potrebbe essere collegato ai casi osservati in Spagna. A seguito della valutazione di tutti i dati disponibili, il CHMP deciderà se sono necessarie ulteriori azioni.
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Gardasil, della Sanofi Pasteur MSD, è un vaccino per la prevenzione del cancro della cervice e di altre malattie precancerose causate dal papilloma virus umano ( HPV ). E’ stato autorizzato nell’Unione Europea dal settembre 2006. Circa tre milioni di ragazze sono state vaccinate in Europa con questo vaccino da quando è stato autorizzato per la prima volta. Nell’ambito del suo continuo monitoraggio dei medicinali, il CHMP ha raccomandato a gennaio 2009 un aggiornamento delle informazioni sul prodotto per il Gardasil, per rinforzare le informazioni sulla sincope come effetto indesiderato della vaccinazione con Gardasil, indicando che essa è qualche volta accompagnata da movimenti tonico-clonici (convulsioni). Questa opinione è stata inoltrata alla Commissione Europea, per l’adozione di una decisione europea. Gardasil è un vaccino per la prevenzione delle lesioni genitali precancerose (del collo dell’utero, della vulva e della vagina), del cancro del collo dell’utero e delle lesioni genitali esterne (condilomi acuminati) causati dal papillomavirus umano (HPV) tipi 6, 11, 16 e 18. L’indicazione è basata sulla dimostrazione di efficacia di Gardasil in donne adulte di età compresa tra 16 e 26 anni e sulla dimostrazione dell’immunogenicità di Gardasil nei bambini ed adolescenti di età compresa tra 9 e 15 anni. L’efficacia protettiva non è stata valutata nei maschi.
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lunedì 23 febbraio 2009

Ciao zia Giusy...


Finalmente stamattina era pronta la risposta della TAC fatta due venerdì fà. Il quadro clinico è nettamente peggiorato, i polmoni sono pieni di macchie, 12 a destra e 12 a sinistra e piuttosto grandine... fino a 51mm... ecco spiegato l'affanno a salire tre rampe di scale... al fegato ce ne sono tre sui 20mm, poi ce ne è una gossa come un manderino allo stomaco... più tutto il resto che permane invariato, ma che comunque c'è. La terapia non fà un piffero, la hanno smessa. Era la nostra "Ferrari", il nostro "cavallo di battaglia"... Si sapeva. Ma ci speravo comunque. La situazione ci è sfuggita di mano ormai troppo tempo fà. Intanto venerdì ci sarà una colonoscopia ulteriore, data la situazione non buona anche nell'ultimo tratto... vedremo se intervenire, forse col laser. Basta essere mangiati vivi così!!!!!!!! Sì, piango, eppure posso dire di essere fortunata. Stamattina è morta la zia di Andrea che poche settimane fà era stata ricoverata (50 anni appena), non riusciva più a respirare: aveva liquido nei polmoni. Io spero che non succeda così a mio padre......
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Ciao zia Giusy.....
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Adenomatosi del Colon: due soppressori tumorali


I ricercatori dell'Istituto per la ricerca in biomedicina (IRB) di Barcellona, in Spagna, in collaborazione con quelli dell'Istituto catalano di ricerca avanzata (ICREA), hanno scoperto un nuovo meccanismo con il quale le cellule del tumore ricevono istruzioni per crescere in compartimenti limitati, cioè senza invadere altre aree del tessuto, come avviene nei primi stadi di sviluppo del cancro del colon, con la formazione di tumori benigni nell'intestino, noti come adenomi. Da questi tumori, se intervengono una serie di mutazioni e alterazioni genetiche, si sviluppa il tumore del colon. Secondo quanto viene riportato sull'ultimo numero della rivista Nature Genetics, che pubblica i risultati dello studio, gli scienziati hanno osservato che sulla superficie delle cellule del tumore adenomatoso sono presenti recettori chiamati EphB2 ed EphB3, che rilevano la presenza di alcuni ligandi nel tessuto sano intorno a loro. Grazie all'interazione tra i recettori e i loro ligandi si ha l'organizzazione della struttura del tessuto intestinale.
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La presenza dei recettori EphB2 ed EphB3 fa si che le cellule tumorali siano costrette ad ascoltare i segnali che ricevono dal loro ambiente, e di conseguenza il tumore cresce in uno spazio confinato, dal quale non è in grado di uscire. Eduard Batlle, ricercatore dell'ICREA, ha spiegato "Era ben noto che questi recettori funzionassero come soppressori tumorali, ma non sapevamo in che modo; ora siamo stati in grado di osservare che si tratta di una sorta di compartimentazione che impedisce al tumore di diffondersi. Via via che il tumore diventa maligno nelle cellule il programma genetico viene raffinato in modo da rimuovere i segnali che bloccano la crescita, inclusi questi due recettori, che impongono informazioni posizionali".
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venerdì 20 febbraio 2009

Pensieri confusi


In questo periodo provo un grande sconforto e sono molto negativa. Al di là di vari problemini personali, penso moltissimo e come sempre, quando penso, faccio solo danni :o(((.
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Vedo papà, che dal 2005 lotta, battaglia dopo battaglia, perdendole praticamente tutte. Non si è mai sottratto ad una cura, non ha mai rifiutato, è stato sempre pronto a curarsi, a provarci. E ora lo vedo praticamente impossibilitato in quasi tutto. Lo ho visto soffrire per le terapie, soffrire per gli interventi. Il dolore fisico delle chemio, quello psicologico ad ogni esito degli esami che segnano il progredire della malattia. Vedo la sua voglia di farcela, di lottare. E nello stesso tempo la rassegnazione. Si vive in casa, da malati, privandosi di tutti i piaceri ddella vita, anche i più piccoli come una buona frittura di pesce, un'uscita al ristorante, una passeggiata in piazza, una visita agli amici che hanno appena avuto due gemelline... insomma, anni di privazioni, di tormenti, di ansie.
Lui ha lottato e lotta. E sta perdendo.
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Poi c'è lei, la zia del mio ragazzo, nel 2007 un tumore al seno, dopo un'estenuante opera di convincimento durata un mese o forse più, l'operazione. Poi basta. Non si è voluta far curare, ha detto di no a tutte le terapie mediche convenzionali (ha provato le cure non convenzionali... che lasciano il tempo che trovano) e ora è in ospedale, piena di dolori, che non riesce a respirare e a mangiare. Non si è più fatta esami, accertamenti, ma quest'anno e mezzo ha vissuto. Sì, viveva, andava a fare vacanze, non voleva sapere e pensare. Le hanno dato qualche mese, se "tutto va bene" maggio.
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Ora... io vedo da un lato un lottatore, di cui vado fiera, che ha smesso di vivere la sua vita per curarsi, dall'altro vedo una donna giovane che si è data per vinta subito, ma che ha vissuto pienamente. Non approvo quello che ha fatto lei, è stata egoista, non ha pensato alle sue figlie, ma come darle torto? E' meglio vivere 4 anni rinunciando alla vita, o è meglio vivere due anni scarsi ma godere di tutto? Se il risultato finale è sempre lo stesso, meglio un giorno da leoni o cento da pecore? Forse ha fatto bene lei........ forse ha fatto bene mio padre....... forse lei poteva farcela........ forse mio padre ha solo allungato la sua sofferenza........ Io però sono fiera di lui e del suo coraggio, anche se le sue sofferenze sono le mie pene più grandi............
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Vorrei tornare bambina, come quando in macchina, nei lunghi viaggi per andare dai nonni, cantavo con papà...
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E lassù sul Montenero
c'è una piccola caverna
ci son dodici briganti al chiaror d'una lanterna
Carramba beviamo del whisky, YUHU!
Carramba beviamo del gin, parappa gin
e tu non dar retta al cuore, che tutto passa e va....
Ma dei dodici briganti uno solo resta muto,
ha il bicchiere ancora pieno,
perchè ancor non ha bevuto?
Carramba beviamo del whisky, YUHU!
Carramba beviamo del Gin, parappa gin
e tu non dar retta al cuore che tutto passa e va....
Ma non può dimenticare il brigante la sua bella
gli occhi suoi color del mare
la sua bocca tanto bella
Carramba beviamo del whisky, YUHU!
Carramba beviamo del Gin, parappa gin
ma tu non dar retta al cuore, che tutto passa e va....

giovedì 19 febbraio 2009

Primo centro HPV a Milano


E' stato inaugurato presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, in via Venezian 1, a Milano, il primo Centro multispecialistico di ricerca, informazione, diagnosi e cura dell’infezione da HPV e delle patologie correlate.
“La Regione Lombardia – ha sostenuto l’Assessore alla Sanità della Regione Lombardia Luciano Bresciani, ha ritenuto con convinzione di sostenere il progetto di attivazione di questo primo Centro provinciale, partendo dalla constatazione che allo stato attuale manca una gestione complessiva del problema Papilloma virus, che garantisca l'integrazione delle metodiche di prevenzione primaria ( i vaccini), secondaria (lo screening mediante Pap test e tecniche di biologia molecolare), e terziaria (prevenzione delle complicanze). In tale ottica la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori rappresenta un luogo di eccellenza dove si fa e si continua a fare un'intensa attività di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie HPV correlate".
Maggiori informazioni al sito dell'Istituto Tumori di Milano e anche qui.

Curato con cellule staminali: sviluppa due tumori

Un ragazzo israeliano, curato con le cellule staminali per una rara malattia genetica ha sviluppato due tumori benigni. Il giovane, riporta la rivista Plos Medicine, nel 2001 ha ricevuto in un ospedale di Mosca un trapianto di staminali (all'epoca aveva appena 9 anni) per curare l'atassia, patologia che attacca le aree del cervello che sovrintendono ai movimenti e alla parola. Quattro anni più tardi i medici hanno scoperto che il giovane era stato colpito da due tumori al cervello e al midollo spinale. Tumori che, una volta rimossi e analizzati, hanno dimostrato con sufficiente certezza di essere derivati direttamente dalle cellule staminali impiantate anni prima. I ricercatori ora temono che oltre al rischio tumore, la terapia con le staminali possa portare ai pazienti infezioni virali e altri agenti patogeni.
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Il calvario del giovane israeliano è stato drammatico: dopo aver ricevuto tre cicli di iniezioni di cellule staminali nel cervello e nel fluido che circonda la colonna vertebrale, ha cominciato a lamentare atroci mal di testa. Quattro anni dopo la prima iniezione il suo medico al Sheba Medical Centre di Tel Aviv ha trovato due tumori - uno nella colonna vertebrale e una nel cervello - nello stesso posto dove erano state effettuate le iniezioni. I donatori delle staminali, secondo gli scienziati, potrebbero in qualche modo aver «passato» al ragazzo il tumore. Sui rischi delle staminali ha messo in guardia anche lo scienziato Stephen Minger, del King's College di Londra, secondo cui «bisogna essere prudenti, abbiamo bisogno di avere un monitoraggio a lungo termine e un follow-up dei pazienti con una rigorosa regolamentazione dei centri di terapia cellulare. Stando attenti soprattutto alla qualità delle cellule staminali utilizzate».
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«Stephen Minger ha ragione» commenta il professor Carlo Alberto Redi, direttore scientifico dell'Irccs Policlinico San Matteo, di Pavia. « Di fronte a fatti come questi bisogna aumentare gli sforzi per garantire la qualità e la sicurezza delle procedure». «Da quanto è dato apprendere, infatti, pare che una possibile origine del problema vada ricercata nei donatori. In altre parole è possibile che si sia verificato un caso che può ancor oggi accadere, per esempio, con i trapianti d'organo: se si trapianta un rene con un tumore il paziente va incontro a un tumore, ma non è il trapianto in sé, come filosofia, a essere sbagliato, bensì la scelta del donatore» «Direi che questa amara vicenda, più che mettere in discussione la ricerca sulle staminali dovrebbe mettere in allarme coloro che si affidano ai molti "avventurieri" che in tutto il mondo stanno affrettandosi a offrire terapie azzardate con cellule staminali senza neppure saper garantire le più elementari norme di "buona pratica clinica" e di igiene».
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Luigi Ripamonti
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http://www.corriere.it/

Mieloma multiplo, bortezomib e tè verde: KO

«Naturale» non è sempre sinonimo di innocuo. Lo rammentano gli ultimi studi sul tè verde, un’erba da tempo nota per le sue proprietà antiossidanti e per questo valutata come antitumorale nei laboratori di mezzo mondo e assunta da molti malati per frenare la malattia e migliorare la risposta alle cure. Alcuni componenti del tè verde, invece, proprio per la loro attività farmacologica possono ostacolare l’azione dei farmaci, come ha dimostrato una ricerca condotta dalla University of South California sul bortezomib (o Velcade), un anticorpo monoclonale usato contro il mieloma multiplo.
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Non se lo aspettavano. Gli esperti americani stavano studiando l’abbinamento di bortezomib e Egcg (epigallocatechina gallata), una sostanza chimica presente nel tè verde che ha già dimostrato di frenare lo sviluppo di varie forme di tumore, di inibire la crescita dei nuovi vasi sanguigni che nutrono la malattia, di ridurre il danno cellulare e di potenziare l’effetto di alcuni farmaci anticancro. «La nostra ipotesi era che l’estratto di tè verde o l’Egcg avrebbero potenziato l’effetto antitumorale del Velcade e che dalla loro combinazione avremmo ottenuto un trattamento migliore» ha spiegato Axel Schontal, professore di microbiologia e immunologia presso l’università californiana. Invece, come hanno raccontato i ricercatori sulla rivista Blood, sia in provetta sia su animali da laboratorio, le molecole di Egcg si sono legate alle molecole del farmaco, impedendo ad esse di legarsi a loro volta alle cellule tumorali e di danneggiarle.
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Impossibile verificare i risultati su pazienti, dato che sarebbe contrario all’etica somministrare un composto con tutta probabilità dannoso a persone che si stanno curando. Ma ce n’è abbastanza per trarre delle conclusioni immediate, ribadiscono gli autori dello studio: «I malati che stanno seguendo una terapia con Velcade devono evitare il tè verde e in particolare i prodotti concentrati reperibili come integratori naturali. E’ importante che lo sappiano anche i medici che somministrano bortezomib ai loro pazienti». Non solo, avvertono ancora i ricercatori: «Un malato che assume concentrato di tè verde per ridurre gli effetti collaterali della terapia potrebbe pensare che funziona, perché si sente meglio, in realtà è semplicemente perché il farmaco non sta agendo affatto».
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Non è sorpresa dei risultati Francesca Patriarca, della Clinica ematologica dell’Azienda ospedaliero-universitaria Santa Maria della Misericordia di Udine. «Sappiamo che le nuove molecole per il mieloma multiplo, come il bortezomib, hanno un meccanismo che interagisce non soltanto con le cellule tumorali, ma con l’intero microambiente tumorale, all’interno del quale i prodotti naturali come il tè verde possono creare interferenze inattese».
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Cosa consigliare allora ai pazienti in cura che cercano un aiuto dalle cure dolci? «Alcuni malati ce lo chiedono: "Posso prendere prodotti di erboristeria?". Generalmente tendiamo a dire no durante la chemioterapia, a non incoraggiare questo tipo di atteggiamento empirico – risponde Francesca Patriarca -. E’ una cautela doverosa, nel pieno rispetto della medicina naturale, proprio perché sappiamo che non si tratta di sostanze neutre, ma di prodotti attivi che d’altra parte in tutta la storia della medicina e dell’oncologia hanno dimostrato di poter diventare veri e propri farmaci. Possono quindi essere utili ma anche dannose, e per il momento se ne sa troppo poco».
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Il Velcade al momento è registrato per i pazienti colpiti da mieloma multiplo e ricaduti dopo almeno una linea di terapia, ma è oggetto di varie ricerche che potrebbero presto espanderne le indicazioni. Spiega Francesca Patriarca: «Studi già molto avanzati dicono che è attivo e efficace anche in pazienti alla diagnosi, sia nel paziente giovane che viene indirizzato al trapianto autologo, come terapia di induzione, sia nell’anziano insieme ad altri chemioterapici convenzionali, come melphalan e prednisone. Inoltre sta dimostrando una certa attività anche contro i linfomi».
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http://www.corriere.it/salute/

martedì 17 febbraio 2009

lunedì 16 febbraio 2009

Rara mutazione genetica colpisce una famiglia trevigiana

Negli ultimi giorni, per fortuna, dato che non ho voglia di sentir parlare di malattia, le notizie scarseggiano. Posto più che altro una curiosità "locale" (per me).
Nel trevigiano una malattia ereditaria molto rara, che comporta l'insorgenza di tumori endocrini multipli, ha coinvolto già sei generazioni della stessa famiglia che, per questa specifica patologia, rappresenta la più grande mai scoperta fino ad ora in Italia. La scoperta è stata possibile grazie alla collaborazione tra l'Unità Operativa di Endocrinologia dell'Azienda Ospedaliera di Padova e l'Istituto Oncologico Veneto che da circa un anno sta procedendo ad una meticolosa raccolta dati riguardanti questa malattia alla cui base vi è una mutazione del gene MEN1. Giuseppe Opocher, Responsabile dell'Unità Tumori Ereditari dell'Istituto Oncologico Veneto, spiega: "Quello di questa famiglia trevigiana è un triste primato. Tuttavia, grazie alle nostre indagini, siamo riusciti ad individuare 111 componenti dell'albero genealogico. Di questi ne abbiamo già rintracciati e sottoposti ad analisi molecolare 29, dei quali in 20 hanno dimostrato di presentare una mutazione dei propri geni".
La complessità del progetto sta quindi anche nel riuscire a trovare fisicamente le persone che fanno parte della famiglia. Dato che la malattia in esame comporta una cura molto articolata lo IOV ha creato un team apposito di esperti che comprende anche endocrinologi di Castelfranco e Montebelluna. Opocher conclude: "E' fondamentale proseguire con la ricerca". Lo studio, tanto da un punto di vista clinico quanto molecolare di un campione così vasto, potrebbe permette di approfondire notevolmente le ricerche. Incrociando infatti i dati relativi alle migliaia di varianti di sequenze di DNA individuate, si potrebbero comprendere meglio tempi, modalità di comparsa e sviluppo dei diversi tumori provocati da questa specifica mutazione genetica.

domenica 15 febbraio 2009

La grande testuggine Kurma


Nella cosiddetta Civiltà della Valle dell’Indo (in piena fioritura nel II millennio a.C.) animali quali il toro, la tigre, il bufalo, il serpente e altri ancora vennero assunti nella cultura Indu quali vahana, ovvero “cavalcature” degli dei, e proiezioni di alcune specifiche qualità associate ai loro signori. Nel caso di kurma (la tartaruga), l’animale non è una “cavalcatura”, ma una forma del Divino. In uno dei miti più antichi (risalente al IX sec. a.C. circa) che raccontano la nascita dell’Universo, il dio progenitore Prajapati schiacciò il guscio dell’uovo cosmico e con il composto ottenuto creò una tartaruga, simbolo del mondo: la parte ricurva superiore della corazza dell’animale costituì il cielo, quella inferiore la terra e il corpo racchiuso nel carapace l’atmosfera. Considerata l’elemento vitale nel processo della manifestazione, la tartaruga giocò un ruolo fondamentale nella costruzione dell’altare del fuoco fin dal I millennio a.C., venendo racchiusa all’interno del primo strato di mattoni per garantirne la stabilità. Inizialmente viva, fu in seguito sostituita da immagini in pietra, argento e oro.
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Kurma (tartaruga in sanscrito) è il secondo avatar della divinità induista Viṣṇu.
Secondo la mitologia induista, Viṣṇu assunse le sembianze di una tartaruga e si pose sul fondo dell'oceano in seguito al diluvio universale. Sulla sua schiena fu posto il monte Mandara da parte delle altre divinità, in modo che potessero rimescolare il mare per individuare i tesori antichi delle popolazioni vediche.
Kurma è anche il nome di un rishi, figlio di Grtsamada.

Secondo la leggenda
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Inizialmente associata al dio Prajapati, kurma venne quindi assorbita tra gli avatara (le discese salvifiche del dio Vishnu) e giocò un ruolo fondamentale nel famoso mito della zangolatura (metafora della creazione, ndr) dell’oceano. Prima che il mondo avesse origine, i deva (gli dei) erano continuamente minacciati dai danava (sorta di antidei demoniaci), per cui si erano rivolti a Vishnu, Signore della Provvidenza, che aveva consigliato agli dei di procurarsi l’ambrosia che rendeva immortali. Il prodigioso nettare giaceva nelle profondità dell’oceano di latte e per estrarlo gli dei avrebbero avuto bisogno dell’aiuto dei danava, per cui promisero loro una parte dell’ambrosia. Stretto il patto, la montagna cosmica (che in questo mito è il monte Mandara) venne collocata nell’oceano con legato attorno il serpente Vasuki, in modo da ottenere una zangola (arnese per fare il burro, ndr). Le due parti cominciarono a tirare il rettile, gli dei per la coda e i demoni per la testa, facendo girare la montagna come un frullino, ma questa cominciò ad affondare e allora Vishnu, assunta la forma di tartaruga, scese nell’oceano per fare da base al Mandara. Durante la zangolatura emersero esseri e oggetti meravigliosi: la bellissima dea Lakshmi, che divenne sposa di Vishnu; le Apsaras, ninfe celesti; Surabhi, la vacca dell’abbondanza; il cavallo bianco; la luna; il gioiello kaustubha che orna il petto di Vishnu; l’albero di parijata che esaudisce i desideri, etc. Ma nel frattempo si era sprigionato anche un velenoso miasma e Shiva, per salvare l’Universo, lo inghiottì prontamente striandosi la gola di blu e meritandosi il nome di Nilakantha (“Colui che ha la gola blu”). Finalmente emerse Dhanvantari, il medico degli dei, con l’ampolla dell’ambrosia fra le mani. I danava cominciarono a reclamare a gran voce la loro parte, ma Vishnu, assunte le spoglie di Mohini, una splendida fanciulla, li incantò con il suo fascino e distribuì l’ambrosia agli dei. Questi, rinvigoriti, sconfissero i danava e divennero signori dell’Universo.
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sabato 14 febbraio 2009

Acqua e sale...


Oggi ho preso alcuni risultati di esami fatti da papà. Niente da fare... un marcatore, la CEA, è leggermente sceso, ma il Ca 19.9 è salito molto.... guardando un pò tutti i risultati dell'analisi del sangue, non è andata così bene. Mamma stava quasi per piangere, papà era teso... ho cercato di arrampicarmi sugli specchi, facendo notare il marcatore sceso di un pelino e la VES scesa di un decimo abbondante... ma mi rendo conto di aver fatto poco. Mamma sono riuscita a tranquillizzarla, papà no: lui ha tutto sotto controllo e capisce troppo, quando è lucido. Dico così perchè anche stasera, a cena, ha detto che i capelli non saranno sempre così, che ricresceranno, "quando smetterò di fare chemio... se smetterò". Mi ha fatto tenerezza...
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Sono molto demotivata. E così Andrea mi ha fatto una sorpresa! Mi ha chiamato e mi ha detto: "E se ti dicessi: affacciati alla finestra amore mio?..." inaspettatamente, mi ha portato 5 rose rosse. Ho passato due ore serenamente..... Attenzione, domani potrebbe nevicare!!!!!

Tumore al fegato e cirrosi epatica

Circa il 95 per cento dei malati di tumore al fegato sono colpiti anche da cirrosi e nel 5 per cento dei pazienti cirrotici la patologia porta inevitabilmente al tumore.
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Antonio Gasbarrini, docente di gastroenterologia all'Università Cattolica di Roma intervenuto in occasione del convegno tenutosi presso il Centro Congressi dell'Università Cattolica di Roma, spiega che l'incidenza del tumore al fegato è cresciuta esponenzialmente negli ultimi decenni perché anche il numero dei cirrotici sta crescendo. Oltre la metà dei casi di cirrosi epatica si sviluppa a causa del virus dell'epatite B o dell'epatite C, nel resto dei pazienti la causa è invece imputabile prevalentemente ad un abuso di alcol.
Per fermare la diffusione della cirrosi, che inevitabilmente porta al cancro del fegato, bisogna innanzitutto agire sul fronte della prevenzione primaria.
Grazie alla messa a punto di nuovi farmaci antivirali oggi è possibile trattare i pazienti con epatite B, un virus verso il qual si era impotenti fino a qualche anno fa. Il trattamento dell'epatite C è invece ancora abbastanza complicato, esiste una terapia anche in questo caso ma attraverso una particolare associazione di due farmaci si riesce a bloccare la replicazione del virus solo nel 60 per cento dei casi.
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In occasione del convegno si è parlato anche di nuove terapie che utilizzano l'alcol per curare le patologie causate da esso. I pazienti con cancro al fegato, spesso derivato da cirrosi epatica conseguenza del troppo bere, possono essere trattati con una terapia che prevede delle iniezioni di alcol direttamente nel tumore. Antonio Gasbarrini spiega che i pazienti con epatocarcinoma derivato da cirrosi sono molto fragili e spesso è sconsigliabile sottoporli a chemioterapia o a intervento chirurgico. Per trattare anche i pazienti a rischio sono stati quindi messi a punto nuovi metodi, detti locoregionali. Uno di questi metodi prevede l'inoculazione all'interno del tumore di alcol al 98%. L'alcol causa la morte delle cellule epatiche, grazie ad un intervento mirato è però possibile eliminare solo quelle malate.
I trattamenti locoregionali sono molto importanti in certi pazienti in quanto aiutano a rallentare significativamente la crescita del tumore. Spesso le persone in lista d'attesa per ricevere un nuovo fegato devono attendere anche molti mesi, si intuisce quindi l'importanza che assume il rallentamento della progressione della patologia. Per limitare i casi di pazienti gravi, oltre alla prevenzione primaria, non bisogna sottovalutare la prevenzione secondaria. I soggetti cirrotici dovrebbero effettuare ogni sei mesi delle analisi del sangue e un'ecografia epatica, in questo modo si possono individuare precocemente i tumori del fegato.
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IEO: stop alla mortalità per cncro al seno in 10 anni

Secondo gli ultimi dati disponibili dalla ricerca nel campo dei tumori l"incidenza nelle donne del tumore al seno è in aumento, mentre diminuisce il tasso di mortalità, grazie alla prevenzione, alla diagnosi precoce ed all"efficacia delle terapie. Ogni anno in Italia il carcinoma colpisce circa 40mila donne, e una donna su nove riceve una diagnosi di cancro al seno; la chiave per abbassare il tasso di mortalità risiede nella diagnosi precoce, che permette di individuare la malattia molto velocemente quando non è in stato di grande evoluzione. Il Professore Umberto Veronesi, fondatore di un progetto chiamato "Mortalità Zero", dichiara che l"obiettivo è quello di arrivare ad un tasso di mortalità pari a zero nel giro di dieci anni. Il progetto vede coinvolte come testimonial anche Nadia Ricci, Olivia Toscani e Monica Guerritore, fotografate da Oliviero Toscani per la campagna dedicata al tumore al seno. Tre donne che, nella loro vita, hanno avuto a che fare con questa malattia, vincendo la battaglia.
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Veronesi ha detto "La malattia si può battere trent'anni fa quattro donne su dieci non ce la facevano, adesso sono la metà. Più di un terzo delle pazienti ha la percentuale di guarigione che sfiora il 100%" e continua "Con gli strumenti di diagnosi e cura oggi a disposizione, mortalità zero entro 10 anni è un traguardo raggiungibile. Sappiamo infatti che tanto più il tumore è piccolo tanto maggiore è la speranza di sopravvivenza: i tumori diagnosticati in fase precocissima, quando la lesione è impalpabile, guariscono nella quasi totalità dei casi. Il progetto della Fondazione Umberto Veronesi prevede da un lato azioni mirate ad accrescere tra le donne la consapevolezza dell"importanza della diagnosi precoce e dall"altro la diffusione capillare di centri adeguatamente attrezzati e con personale medico debitamente formato, dove le donne possano accedere alle metodologie diagnostiche e terapeutiche più avanzate".
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Prostata: test delle urine

Uno studio dell’Università del Michigan si dice "a un passo" dal rivoluzionario test: in un futuro prossimo si potrà, tramite un esame delle urine, individuare le forme maligne di cancro, e quindi intervenire molto prima di quanto si faccia ora.
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Nuove speranze contro il tumore alla prostata: in un futuro prossimo potrebbe essere disponibile un test delle urine in grado di individuare le forme maligne di cancro, e quindi di intervenire molto prima di quanto si faccia ora.
Uno studio dell’Università del Michigan, pubblicato sulla rivista Nature, si dice infatti "a un passo" dal rivoluzionario test: gli scienziati americani hanno infatti scoperto un gruppo di piccole molecole, riscontrabili nell’urina, prodotte dal corpo in presenza della forma aggressiva di tumore alla prostata. Per i ricercatori del Michigan, il test sarà realtà in pochi anni, massimo cinque.
"Una delle più grandi sfide che abbiamo di fronte nel carcinoma della prostata - ha spiegato il capo dei ricercatori, il prof.Arul Chinnaiyan - è determinare se il cancro è aggressivo. Spesso trattiamo in maniera troppo pesante i pazienti, perchè non siamo sicuri se sono affetti da una forma maligna o a crescita lenta. Con questa ricerca, abbiamo individuato un potenziale marker per il tumore aggressivo".
I ricercatori hanno esaminato 1.126 molecole prodotte dal corpo in un totale di 262 campioni di tessuto, di sangue o urine. Individuando circa 10 molecole - o di metaboliti - che sono state più spesso presenti nei campioni prelevati da pazienti con cancro avanzato. Un metabolita in particolare, la sarcosina, è stato trovato spesso a livelli elevati in campioni prelevati da pazienti con tumore avanzato, o con metastasi, ma non in tutti in campioni prelevati da tessuto sano.
La sarcosina si è rivelata così un indicatore migliore del progredire della malattia rispetto al tradizionale marcatore, una proteina chiamata antigene specifico della prostata. Inoltre secondo gli scienziati la stessa sarcosina può essere un potenziale bersaglio per nuovi farmaci.
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http://quotidianonet.ilsole24ore.com/

venerdì 13 febbraio 2009

La buona ragione


Una tartaruga passava in campagna la sua vita tranquilla. Un giorno le arrivò l’invito di una sua cugina, che abitava in città, perché andasse a trovarla. Spinta dal desiderio di vedere un po’ il mondo, la tartaruga campagnola accettò l’invito. La distanza non era molta, non più di un chilometro, ma per la tartaruga era già un bel viaggio. Si illuse tuttavia di compierlo in breve tempo e solo il mattino dopo si mise in cammino.” Con il mio passo sicuro e costante” pensò “prima di mezzogiorno sarò certamente arrivata. Giusto in tempo per sedermi a tavola”. Partì canterellando. Cammina, cammina, cammina… A mezzogiorno la tartaruga aveva percorso appena qualche centinaio di metri. Quando sentì batter dodici rintocchi ad un campanile, sbottò: “Che stupido campanile! Non sarà neppure un’ora che mi sono mossa da casa, e già suona mezzogiorno. Sono tutti sgangherati questi orologi e i campanari sono ubriaconi!”. Cammina, cammina… Il sole tramontò e le stelle spuntarono tremolanti, ma la tartaruga non era neanche a metà strada. Più arrabbiata che mai, si mise ad inveire: “Il mondo non è più quello di una volta! Il sole tramonta più presto, le stelle si affacciano fuori orario e le giornate non sono più di ventiquattr’ore!”. E, borbottando, riprese il suo cammino, maledicendo la strada, troppo sassosa e storta.
C’è sempre una buona ragione per pensare male del prossimo. :o(

"Il canto del grillo" Bruno Ferrero

Contro il cancro usiamo l'ORO!

Adoro l'oro... sono una donna... e ne sono sempre stata attratta. Mio padre ha fatto l'Ingegnere in una fabbrica d'oro in provincia... insomma, ci sono cresciuta con questo materiale! Ed ecco che ho letto questa curiosa notizia!
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Particelle nanometriche d’oro riscaldate per aggredire i tumori senza danneggiare i tessuti sani. E’ una fra le tante nuove applicazioni della fotonica, tecnologia che abbraccia la generazione, la manipolazione, la trasmissione, la rivelazione e l’utilizzazione della luce, cioè dei fotoni. I ricercatori europei che lavorano nel campo della fotonica si incontrano a Firenze oggi e domani per promuovere nuovi progetti finanziati dalla Commissione Europea nell’ambito della tematica Tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Ict) e per favorire lo scambio di informazioni, in particolare sulla nanofotonica, cioè quell’area di scienza e tecnologia che coniuga la fotonica con le nanotecnologie. Proprio dalla nanofotonica arriva un esempio estremamente interessante.
“E’ un nuovo approccio per combattere il cancro”, spiega Giancarlo Righini, direttore del Dipartimento Materiali e Dispositivi del Consiglio nazionale delle ricerche, “distruggendo le celle tumorali mediante nanosfere di oro. Gli scienziati possono attaccare a sferette d’oro con diametro 50 nanometri (1 nanometro è un milionesimo di millimetro e, per dare un’idea, circa 80.000 volte più piccolo del diametro di un capello umano) delle catene di molecole progettate per attaccarsi a celle tumorali. Iniettate in vicinanza di un tumore, le nanosfere vanno ad incollarsi alle celle tumorali; illuminando la zona tumorale con luce infrarossa, le nanosfere assorbono questa radiazione, riscaldandosi rapidamente e distruggendo così le cellule tumorali vicine. Il riscaldamento avviene solo in un’area molto ristretta e quindi il trattamento non danneggia le cellule sane”.
Al momento, negli Stati Uniti sono in corso test sugli animali, ma la procedura è studiata anche presso il laboratorio dell’Istituto di fisica applicata (Ifac) del Cnr nel polo scientifico di Sesto Fiorentino. Il gruppo guidato da Roberto Pini sta mettendo a punto nuove tecniche per la sintesi di nanosfere e nanotubi d’oro e per lo sviluppo di sistemi laser che, basandosi su effetti fotoacustici, possono permettere sia diagnosi sia terapia. La fotonica rappresenta una tecnologia applicabile a importanti settori: per esempio, quello delle comunicazioni dove le reti internet ad elevata velocità sono fondamentalmente basate sulle comunicazioni su fibra ottica. Nel settore manifatturiero l’uso di fasci laser focalizzati consente una serie di lavorazioni con elevata precisione e velocità.
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mercoledì 11 febbraio 2009

Sport e tumore



Da grigia che era ieri la giornata, oggi posso dire con certezza che è bella nera nera! :o((( Malessere generale, casa al solito, beccato un virus sul PC... la zia del mio ragazzo ricoverata (anche lei tumore ai seni e ai polmoni) e ducis in fundo... è venuto a mancare un amico di papà, che giusto qualche mese prima di noi aveva iniziato il nostro stesso identico percorso... Oggi sono 9 mesi che è mancata Isa... insomma, questo numero 11 porta proprio SFIGA!!! :o( Siamo (sono) moralmente a terra...

Veniamo ad una notizia...

Mens sana in corpore sano scriveva il poeta latino Giovenale già intorno al 100 d.C. e molti studi scientifici nei secoli successivi gli hanno dato ragione. Per vivere in buona salute è importante godere di benessere sia fisico che psichico. Una regola semplice, che più volte è stata confermata da ricerche specifiche in ambito oncologico e che viene rilanciata da un sondaggio pubblicato sull’ultimo numero della rivista Cancer Epidemiology Biomarkers and Prevention: un’attività fisica regolare contribuisce alla migliore qualità di vita dei pazienti curati per un tumore polmonare in fase iniziale.

Gli scienziati del Fox Chase e del Memorial Sloan-Kettering Cancer Centers hanno intervistato 175 persone operate per un carcinoma del polmone non a piccole cellule ai primi stadi nei sei anni precedenti lo studio. I malati, tutti liberi da malattia (quindi potenzialmente guariti), avevano in media 68 anni al tempo dell’intervista e hanno risposto a un questionario in merito alla loro abitudini sportive prima e dopo l’intervento chirurgico. Lo scopo delle domande era proprio quello di valutare la loro qualità di vita in termini di benessere fisico, mentale e sociale e l’esito non ha lasciato dubbi ai ricercatori: «I pazienti che fanno sport costantemente mostrano un maggiore vigore fisico, un umore migliore e, in generale, un livello più elevato di salute».

Naturalmente non si tratta di fare maratone, ma una minima attività quotidiana, come passeggiare almeno mezz’ora al giorno con un’andatura veloce. Solo un intervistato su quattro ha però dichiarato di seguire le linee guida sul dopo-tumore proposte dai medici, che prevedono almeno 60 minuti alla settimana di attività intensa (corsa, jogging, cyclette, ad esempio) o 150 minuti di esercizio moderato, come una bella camminata. E il test sulla qualità di vita ne ha segnalato i benefici: i più sportivi hanno mostrato inferiori sintomi di depressione, una maggiore vitalità e meno fiato corto rispetto ai «colleghi» sedentari.

«Purtroppo la maggior parte dei pazienti operati non segue i suggerimenti sulla ginnastica – sottolineano gli studiosi americani -, soprattutto nei sei mesi successivi all’operazione, quando invece sarebbe già utile per recuperare un po’ di capacità respiratoria». Se da un lato è comprensibile che i malati si sentano indeboliti e abbiano minor vigore rispetto alla loro vita precedente, dall’altro sono ormai molti gli studi scientifici che depongono a favore di un leggero e costante sforzo graduale che li aiuta a recuperare sul piano psico-fisico.

Una ricerca inglese pubblicata sul Journal of Clinical Oncology ha provato, per esempio, come un moderato ma costante esercizio aerobico, tre volte a settimana, migliori il benessere delle donne operate di tumore al seno. Palestra e cyclette possono aiutare molte donne in terapia anticancro a guarire più in fretta, a sentirsi in forma nonostante le cicatrici, la chemio e la radioterapia, ma anche a stare meglio con gli altri, in famiglia e sul lavoro. Mentre uno studio su 65mila donne sostiene che l’attività fisica praticata fin dall’età dello sviluppo riduce del 23 per cento il rischio di un carcinoma mammario in pre-menopausa. Inoltre, in bambini e ragazzi con una neoplasia cerebrale muoversi per prendersi cura di sé e fare ginnastica aiuta a bilanciare i danni causati dalle cure.

Vera Martinella

http://www.corriere.it/

martedì 10 febbraio 2009

Bah... che notizia!


Ieri ho letto sul Corriere una notizia: "La marijuana aumenta il rischio di cancro ai testicoli"!!! Ero indecisa se riportarla o meno. Insomma... io sono contraria in modo deciso anche a queste droghe leggere, perchè farsi del male di proposito??? Ero indecisa se postarla oppure no, per dovere di cronaca vi dico che potete leggere la notizia completa qui. Io mi rifiuto di riportarla! :o(

Intano posso dire che le giornate sono abbastanza grigie, sotto ogni punto di vista. Non ho voglia di scrivere nè di parlare, sono molto scontrosa e irritabile, perfino col mio ragazzo, povero! L'unica cosa che mi rende felice è che presto arriverà primavera e rivedrò scorrazzare le mie tartarughine in giardino e nel recinto!

domenica 8 febbraio 2009

Fegato: ablazione a microonde

Una nuova tecnica chirurgica mini-invasiva denominata “ablazione a microonde” è già in via di sperimentazione presso il San Diego Medical Center, in California. Il suo utilizzo, secondo i ricercatori, permetterà di rimuovere i tumori epatici con estrema precisione, grazie al calore generato da un elettrodo.
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L'epatocarcinoma è una patologia sempre più diffusa nel mondo occidentale e attuali opzioni di trattamento sono rappresentate dal trapianto di fegato, dalla resezione parziale di una parte dell'organo, dalla chemioterapia, dalla radioterapia e dalla più recente tecnica di ablazione con radiofrequenza. La nuova tecnica chirurgica di ablazione a microonde, spiega Marquis Hart, chirurgo del San Diego Medical Center, consiste nella distruzione delle cellule tumorali attraverso il calore generato dalle microonde di un elettrodo. Attraverso una tomografia computerizzata, l'epatocarcinoma viene localizzato e perforato con un particolare elettrodo che emette microonde. Il calore generato dall'elettrodo permette di distruggere le cellule tumorali in circa 10 minuti a una temperatura che non supera i 60 gradi Celsius. “L'ablazione a microonde consente di rimuovere il tumore rapidamente e con estrema precisione”, afferma Marquis Hart, “e, nel caso di masse tumorali multiple, questa tecnica permetterà di trattarle simultaneamente e in maniera più efficiente rispetto alle tecniche di chirurgia epatica finora utilizzate”.
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Stefano Massarelli
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http://it.notizie.yahoo.com/

La tartaruga e la lepre



Un giorno gli animali del bosco stavano chiacchierando, quando la lepre disse: "io sono l'animale più veloce del mondo , e chiunque vorrà sfidarmi io lo vincerò!!"

Poi sempre con la stessa insolenza si rivolse alla tartaruga e disse: "tu invece sei così lenta che tutti ti vincerebbero!"

La tartaruga senza scomporsi e continuando a mangiare un ciuffetto d'erba rispose: "sarò lenta quanto dici, ma riesco senza dubbio ad arrivare al limitare del prato."

La lepre allora lanciò una sfida: "Bene tartaruga, facciamo una gara io e te!"

Subito la volpe si offerse come arbitro, prese un giunco lo piantò per terra e stabilì che quella era la partenza. Al via la lepre schizzò e con quattro salti era già a metà del percorso, voltatasi non vide neanche l'ombra della sua avversaria e così decise di fare un bel pisolino sotto le frescure di un albero. La tartaruga procedeva passo dopo passo, godendosi il solo di quella bella giornata, mentre tutti gli altri animali si erano trasferiti all'estremità del prato e con una canna avevano posto il traguardo. Tutti naturalmente scommettevano sulla lepre che , nel frattempo, dormiva come un sasso e non vide che la tartaruga la superava. Si svegliò solo quando la tartaruga, acclamata da tutti, stava tagliando il traguardo: la placida tartaruga aveva vinto!
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TROPPA FIDUCIA NELLE PROPRIE FORZE PUO' ESSERE PERICOLOSA

sabato 7 febbraio 2009

Farmaci anti-infertilità sicuri per l’ovaio? Forse sì!

La ricerca condotta dagli esperti della Danish Cancer Society rappresenta il capitolo più recente di una dibattito scientifico che da tempo vede sotto esame le terapie anti-sterilità e i loro possibili effetti collaterali. Un’attenzione motivata anche dalla loro crescente diffusione. Nell’arco dei 16 anni considerati, sono stati registrati 156 casi di tumore dell’ovaio, ma nessuna correlazione significativa con l’uso di farmaci per la fertilità (gonadotropina, clomifene citrato, gonadotropina corionica e ormone di rilascio della gonadotropina). Gli autori dello studio hanno sottolineato che i dati da loro raccolti sono rassicuranti, ma non intendono abbassare la guardia, perché le donne esaminate non hanno ancora raggiunto l’età di massimo rischio per il cancro dell’ovaio (avevano in media 30 anni alla prima valutazione e 47 alla fine del lavoro) e andranno ancora seguite nel tempo.
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I risultati della ricerca danese smentiscono alcuni dati raccolti negli ultimi vent’anni, che evidenziavano invece un certo aumento del rischio di tumore dell’ovaio soprattutto per le donne sottoposte a numerosi cicli di stimolazione (10 o 12) e ciononostante mai rimaste incinte. Non si è però mai giunti a certezze definitive, anche perché la maggior parte delle ricerche non sono riuscite a distinguere fra i rischi della stimolazione farmacologica e quelli dell’infertilità, che di per sé è un fattore di rischio riconosciuto per questo tipo di neoplasia.
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«Dato il numero crescente di donne che cercano trattamenti per la fertilità, i dati positivi della Danish Cancer Society sono informazioni importanti per i medici e per i loro assistiti – ha commentato Penelope Webb, ricercatrice del Queensland Institute of Medical Research di Brisbane, Australia, in un editoriale sullo stesso British Medical Journal -. E in un mondo dove le donne sempre più navigano in internet a caccia di notizie sulla salute, i medici dovrebbero trovare il tempo per discutere con le loro pazienti e aiutarle ad avere un’informazione adeguata».
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Donatella Barus
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venerdì 6 febbraio 2009

Cancro alla Prostata: combattuto col vaccino del morbillo

Incredibile, ma vero: alcune specie di vaccino contro il virus del morbillo, inclusa quella nota come MV-CEA, si sono rivelate efficaci nel combattere il cancro alla prostata in fase avanzata.
La scoperta si deve a uno studio scientifico della Clinica Mayo, negli Stati Uniti, pubblicato sulle pagine della rivista specializzata The Prostate.
Gli scienziati statunitensi hanno potuto osservare in laboratorio come alcuni di questi vaccini anti-morbillo possano aggredire le cellule cancerose della prostata, replicarsi in esse col meccanismo riproduttivo virale e quindi ucciderle. Essendo il cancro alla prostata una delle più diffuse cause di morte tra gli uomini nel mondo occidentale, si possono facilmente intuire le speranze di molti pazienti per un futuro sviluppo terapeutico di questa scoperta. "Queste specie oncolitiche di virus del morbillo – spiega Evanthia Galanis, autrice senior dello studio – rappresentano una nuove classe di agenti terapeutici contro il cancro che non evidenza una cross-resistenza con gli approcci terapeutici esistenti e che può quindi essere combinata con i metodi convenzionali".
L’agente viroterapico può essere applicato con facilità direttamente sul tumore della prostata attraverso aghi guidati via ultrasuoni, mentre uno stretto monitoraggio della terapia può essere realizzato attraverso tecniche non invasive come ultrasuoni e imaging a risonanza magnetica (MRI).
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Cosa vuol dire onolitico??? A strati??? :o(
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I meccanismi di difesa dal cancro

Avevo già parlato della proteina P53 qui. vediamo ora il gene P53!
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Gli scienziati della University of Dundee e di Singapore hanno scoperto l"anello mancante del processo molecolare di riparazione messo in atto dalle cellule per proteggersi dal cancro. I ricercatori sono riusciti a capire come le cellule blocchino la crescita del tumore attivando il gene p53, scoperto 30 anni fa, e la versione della sua proteina regolatrice p53.
Il gene p53 ordina alle cellule danneggiate e potenzialmente cancerogene di suicidarsi o di smettere di dividersi e proliferare, mentre viene avviato il processo di riparazione cellulare, ma nella metà dei casi di tumore il gene o è inattivo o è danneggiato, una condizione che rende libere le cellule di dividersi e di formare il cancro.
Gli scienziati hanno utilizzato come modello animale lo Zebrafish, un pesce d"acqua dolce dal corpo trasparente, nel quale hanno iniettato una proteina fosforescente per farlo diventare verde quando il gene p53 viene attivato permettendo così di indagare le sue modalità di regolazione.
Ciò ha permesso di scoprire che p53 non solo codifica per la proteina p53 che ha la funzione regolatrice, ma attiva anche una isoforma della proteina p53, con funzione di controllo.
Normalmente lo Zebrafish riesce a sopravvivere a bassi dosi di radiazioni perché il gene interviene nella riparazione dei danni cellulari, ma ciò non avviene se non viene attivata anche l"isoforma proteica, per cui il pesce muore. Ciò proverebbe che l"attivazione dell"isoforma ha un ruolo cruciale perché consentirebbe a p53 di svolgere il lavoro di riparazione.Le implicazioni terapeutiche e diagnostiche della scoperta sono importanti poiché, come ha detto David Lane coordinatore della ricerca, "La funzione di p53 è critica in quanto la maggior parte dei trattamenti anticancro puntano, con la radioterapia e la chemioterapia, ad indurre le cellule al suicidio in risposta ai danni avvenuti al DNA. Quindi, capire meglio come questo gene è regolato è utile per trovare il modo di impedire alla cellule danneggiate di diventare cancerogene e per realizzare nuovi farmaci e metodiche per diagnosticare il cancro".
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Tumori infantili: cure mini-invasive per quelli cerebrali

Che sia l'anno in cui ci si dedica ai tumori infantili mi pare chiaro, molti articoli stanno uscendo, a riguardo. Questo mi preme maggiormente, in quanto una nipotina del mio ragazzo è stata colpita e ahimè non è stata operata per via della posizione della macchia. L'hanno solo curata con la radio e la chemio, anzi, è tutt'ora in cura. Sono due anni.
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I tumori cerebrali nei bambini possono essere «attaccati» dall’interno con armi intelligenti che ne rallentano la crescita, oppure con una chirurgia precisa e guidata passo per passo dalla neuronavigazione (con l’aiuto della risonanza e della Tac) o, ancora, con micro-telecamere introdotte nel cervello utilizzando sonde endoscopiche. Sono queste le ultime frontiere della neurochirurgia pediatrica, che inseguono l’obiettivo ambizioso, ma sempre più realistico, di bloccare la neoplasia senza danneggiare la funzionalità neurale del piccolo paziente.
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Ne hanno discusso nei giorni scorsi durante una Consensus conference on Pediatric Neurosurgery i maggiori esperti internazionali, riunitisi per fare il punto sulle migliori strategie di cura a disposizione per due forme di tumore cerebrale infantilie: l’ependimoma (tumore del sistema nervoso centrale) e il craniofaringioma. Il primo si sviluppa nella fossa cranica posteriore, solitamente interessa i bambini con meno di 5 anni e colpisce il sistema nervoso centrale; mentre il secondo è una neoplasia benigna, localizzata nella regione soprastante la ghiandola ipofisaria.
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«Le neoplasie del cervello sono in aumento probabilmente per cause ambientali che incidono sin nella vita intrauterina, ma servono ancora molti studi per capire le origini della malattia - ha spiegato Concezio Di Rocco, responsabile dell’Unità di Neurochirurgia infantile del Policlinico Gemelli di Roma e presidente della conferenza -. Oggi possiamo fare interventi fino a 10 anni fa inimmaginabili, grazie ai quali la mortalità è scesa dal 30-40 per cento all'1-2 per cento in un decennio».
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Tuttavia si vuole arrivare a cure sempre più mirate e non invasive, per limitare al massimo gli effetti collaterali e le possibili conseguenze sull’attività cerebrale e garantire una normale crescita fisica dei bimbi.
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Per il craniofaringioma oggi ci sono farmaci come l’interferone che, somministrato direttamente dentro il tumore, ne rallenta la crescita. In questo modo il piccolo paziente può convivere con la malattia e si ritarda il più possibile l’età dell’intervento, così da permettere al bambino di crescere senza toccare i centri nevralgici della crescita e dello sviluppo sessuale. Le più moderne strategie terapeutiche, poi, prevedono una chirurgia «dolce», unita a radio e chemioterapia, per eliminare completamente la neoplasia. «Ma i bimbi hanno poi bisogno di una lunga riabilitazione – ha concluso Di Rocco – e servono centri ad hoc, con personale qualificato e attrezzature specializzate, che in Italia purtroppo ancora mancano».
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L’ependimoma, invece, è curabile solo con la chirurgia: si procede con la neuronavigazione (il neurochirurgo è guidato durante l’operazione dalle immagini fornite dalla risonanza magnetica e della Tac) o con l’endoscopia. Oggi, però, gli specialisti preferiscono eseguire due o tre interventi successivi per ridurre gradualmente la lesione, piuttosto che procedere con un unico intervento invasivo come avveniva qualche anno fa. Fino ad ora l’utilizzo della radioterapia nei piccoli pazienti con questa neoplasia è stato escluso in considerazione degli effetti collaterali, ritenuti molto probabili e troppo nocivi per il futuro sviluppo dei bambini.
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Tuttavia, in uno studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista The Lancet Oncology, un gruppo di ricercatori americani suggerisce l’ipotesi di una radioterapia conformazionale (durante la quale il computer guida il fascio di radiazioni per conformarlo quanto più possibile alla forma dell’area da irradiare, nel tentativo di risparmiare i tessuti sani) dopo l’operazione radicale per asportare l’ependimoma. Gli studiosi del St. Jude Children's Research Hospital (Memphis, Usa) l’hanno sperimentata con successo su 153 bambini, includendo per la prima volta anche piccolo pazienti con meno di tre anni.
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Vera Martinella
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Tu non mi basti mai!

Esattamente 3 anni fa, poco prima delle 8 di una fredda mattina, avvenne una magia: un bacio... da allora lui è entrato nella mia vita, non aggiungo altro se non un
Grazie Amore mio!



RIMANI
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Rimani! Riposati accanto a me. Non andare.
Io ti veglierò. Io ti proteggerò.
Ti pentirai di tutto fuorché d'essere venuta a me, liberamente, fieramente.
Ti amo.
Non ho nessun pensiero che non sia tuo;
non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
Lo sai. Non vedo nella mia vita altra compagna, non vedo altra gioia.
Rimani. Riposati. Non temere di nulla.
Dormi stanotte sul mio cuore.
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~ Gabriele D'annunzio ~
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PS. E grazie Simone, il mio Cupido! ;o)

giovedì 5 febbraio 2009

Cancro alla prostata e inquinamento luminoso


Sembra esserci un legame diretto tra l’inquinamento luminoso e il cancro alla prostata. La sorprendente scoperta è stata resa possibile da un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori della Università di Haifa. L’eventualità di un collegamento tra eccessiva esposizione alla luce artificiale di notte e tumori era già stata ventilata durante lo scorso anno, con uno studio sul cancro al seno, ma mancavano risultati sufficientemente solidi per confermare tale ipotesi.
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La ricerca, condotta da Abraham Haim, Boris A. Portnov, Itai Kloog e Richard Stevens, era stata concepita per valutare gli effetti di numerosi fattori - tra i quali l’inquinamento luminoso notturno - sull’incidenza di alcune patologie tumorali come il cancro alla prostata, al polmone e i carcinomi intestinali nell’uomo su scala globale. Per effettuare il loro studio, i ricercatori hanno utilizzato i dati forniti dall’International Agency for Research on Cancer sulle tipologie di tumori oggetto di esame in 164 Paesi, incrociandoli con le informazioni e le mappe sulla quantità di luce artificiale nelle ore notturne fornite dal Defence Meteorological Satellite Program.
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Ottenuti i dati, il gruppo di studio ha provveduto ad armonizzare le informazioni in suo possesso, così da poter calcolare con un buon grado di approssimazione il livello di illuminazione artificiale notturna per individuo nei Paesi presi in considerazione. La medesima procedura è stata poi seguita per altri importanti fattori come il consumo di energia elettrica pro capite, il livello di urbanizzazione, le condizioni socioeconomiche del campione e numerose altre variabili.
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Già al primo stadio dell’analisi, i ricercatori si sono resi conto di quanto l’incidenza del cancro alla prostata sia condizionata dai livelli di luce artificiale nelle ore notturne e dal consumo medio di energia elettrica. Gli esperti della Università di Haifa hanno così isolato la quantità di luce artificiale notturna pro capite per esaminarne con maggiore attenzione gli effetti sull’organismo umano. I 164 Paesi oggetti di studio sono stati suddivisi in tre gruppi a seconda del livello di inquinamento luminoso notturno.
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I ricercatori hanno così scoperto che nei Paesi in cui la quantità di luce artificiale è bassa si registra una incidenza minore dei casi di cancro alla prostata con 67 malati ogni 100mila abitati. Nelle aree in cui si riscontra un medio inquinamento luminoso notturno i casi di cancro alla prostata interessano mediamente 87 pazienti ogni 100mila, un aumento di circa il 30% rispetto ai Paesi con meno luce artificiale. Infine, nelle zone in cui si registrano i più alti livelli di inquinamento luminoso notturno si registra anche il maggior numero di casi di cancro alla prostata: 157 individui ogni 100mila abitanti, circa l’80% in più.
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La ricerca espone naturalmente un fenomeno, ma non ne spiega le motivazioni. Tuttavia, numerose ipotesi potrebbero spiegare l’aumento dell’incidenza del cancro alla prostata dovuto all’inquinamento luminoso notturno. L’esposizione costante alla luce di notte può comportare: un calo nella produzione della melatonina (un ormone che regola i cicli di sonno e veglia), scompensi nel sistema immunitario e seri problemi al nostro orologio biologico, incapace di distinguere con precisione il giorno dalla notte a causa dell’illuminazione artificiale.
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Il legame tra incidenza del cancro alla prostata e livelli di inquinamento luminoso sembra essere incontrovertibile. Un motivo in più per promuovere nuove soluzioni tese al risparmio energetico e all’abbattimento dell’inquinamento luminoso, che in alcuni casi si rivela estremamente dannoso anche per la flora e la fauna che ci circondano.
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Fossile di tartaruga prova antico effetto serra

L'Artide 90 milioni di anni fa era un posto molto piu' temperato: senza ghiacci e con passaggio migratorio degli animali preistorici. Lo sostengono alcuni scienziati dopo la scoperta di un fossile di tartaruga asiatica nell'Artide canadese. Secondo i ricercatori, tra cui Donald Brinkman del Royal Tyrell Museum dell'Alberta, la tartaruga tipica della Mongolia, chiamata 'tartaruga aurora', con il guscio quasi perfettamente rotondo, esistente all'epoca dei dinosauri e da tempo estinta, avrebbe percorso migliaia di chilometri dal suo habitat originario nelle acque dolci dell'Asia passando non dall'Alaska ma direttamente dal polo Nord. Questo proverebbe che nel polo Nord le temperature in passato erano molto piu' temperate, al punto da rendere l'Artide un percorso migratorio delle creature preistoriche. Secondo i ricercatori un 'super effetto serra', forse originato da eruzioni vulcaniche, causo' 90 milioni di anni fa un'enorme emissione di anidride carbonica scaldando i poli ed aprendo nuovi passaggi per gli animali migratori, comprese le tartarughe.
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http://www.comune.valdagno.vi.it/ (foto)

Improbabili i tumori causati da cellulari


Eh eh eh, parli del diavolo... e spuntano le corna! ;o)

Alla luce delle conoscenze scientifiche attuali «è improbabile che l'esposizione ai campi elettromagnetici prodotti dalla telefonia mobile, attraverso l'utilizzo dei cellulari, possa causare un aumento dei tumori nella popolazione che li utilizza». Questa la conclusione cui è giunto il Comitato scientifico europeo sui rischi emergenti per la salute dei cittadini che, su domanda della Commissione europea, ha valutato oltre 200 nuovi studi relativi all'utilizzo di un cellulare in modo regolare durante un periodo di dieci anni, nello specifico valutando il rischio di neoplasie cerebrali. Gli scienziati europei hanno quindi raccomandato alla Commissione Ue, che aveva chiesto loro di aggiornare il parere sulla questione già espresso nel 2007, di effettuare studi a lungo termine (per un periodo fino a 20 anni) sui possibili effetti dell'esposizione a campi elettromagnetici in quanto ci sono tumori che hanno un lungo periodo di sviluppo. Per quanto riguarda invece i bambini, pur non essendo stati presi in considerazione nei lavori a disposizione e pur non essendoci nessuna indicazione che possano essere più sensibili, il Comitato Ue ha raccomandato studi specifici in quanto, nel corso della loro vita, i bambini saranno esposti per un più lungo periodo a questi campi elettromagnetici.

Nel loro parere sui rischi emergenti nella popolazione, gli scienziati europei hanno anche esaminato il possibile impatto sulla salute dall'esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza, come le linee di trasmissione ad alta tensione. Secondo gli esperti, in base ai dati a disposizione, c'è una correlazione tra l'esposizione a questi campi elettromagnetici e l'aumento della frequenza della leucemia infantile in Europa: in questo caso gli scienziati non parlano di casualità ma di correlazione e raccomandano alla Commissione europea di ricercare le vere cause.

http://www.corriere.it/

Obiettivo: CRONICIZZAZIONE


Qualche tempo fa, credo due mesi fa (ho perso il conto del tempo per queste cose), mio padre chiese tra un misto di disperazione e rasseganzione, quando sarebbe guarito... La dottoressa gli rispose che si stava andando verso la cronicizzazione della malattia, ossia che lui adesso è malato e bisogna curarlo ad oltranza.
Abbiamo preso queste parole molto male. Credo che qualsiasi cosa ci avesse risposto, la avremmo presa male. :o( L'unica cosa che ci fà andare avanti è l'illusione di un miracolo, anche se siamo ben coscienti del nostro futuro. Ma di speranza si vive! Almeno, ci si prova!
Adesso, a pensarci bene, magari si arrivasse a cronicizzare la malattia!!! Sì, questo vorrebbe dire vivere sempre tra ospedali, analisi, medici, quella puzza di disinfettante, camici bianchi, annessi e connessi. Ma... vuole anche dire non peggiorare! Se guarire non si può, almeno fermare tutto dov'è, forse potrebbe essere un bel risultato! Parlo sempre con forse, magari, condizionali, perchè oggi posso pensare così, dato che pare che i dolori oggi ci lasciano in pace, magari domani, quando lo vedrò contorcersi come succede per la maggior parte dei giorni, penserò che arrivare a quest'obiettivo è solo un'agonia.
Fatto sta che l'obiettivo ora è proprio questo. E non solo per noi, ma per moltissimi, per non dire tutti, malati "inguaribili".
Dice il dottor Gianfranco Addamo, oncologo medico appassionato, esperto in terapia del dolore al Dipartimento di Oncologia medica e Radioterapia oncologica di Sanremo:
L'oncologo è un Giano bifronte: da un lato c'è la figura del medico coordinatore che si occupa di organizzare l'assistenza al malato oncologico e, come dice anche Veronesi, ha smesso di mentire o di mistificare e ha aperto un dialogo diretto e aperto con questo tipo di paziente. Dall'altro lato c'è il fondamentale aspetto della ricerca e dell'aggiornamento continuo. Inoltre essere un oncologo vuol dire tenere sempre presente che l'oncologia è un fatto culturale.
Vanno cambiati certi messaggi che arrivano ai pazienti in maniera svisata o terrorizzante. L'oncologo non è certo solo un "chemioterapista". Negli anni sono stati prodotti nuovi farmaci, nuovi ormoni, anticorpi monoclonali: per la prima volta, grazie a tutto questo, per molti tumori si sta assistendo ad un aumento dell'incidenza ma con una diminuzione della mortalità, andando verso quella "cronicizzazione" della malattia oncologica che sarà il risultato futuro insieme a una maggiore guaribilità. Gli oncologi sono stati i primi medici che hanno imposto la regola della medicina basata sulla ricerca scientifica e non solo sull'esperienza personale, sull'impressione, sull'antico intuito genere "vecchio medico di famiglia". Lo sviluppo dell'Oncologia medica appartiene al contemporaneo, influenza le altre branche della medicina e richiede un approccio multidisciplinare. Questo per me vuol dire passione quotidiana, dedizione e anche molta fatica accompagnata a un costante "privilegiare la persona".
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mercoledì 4 febbraio 2009

GIORNATA MONDIALE CONTRO IL CANCRO


Quest'anno la Giornata Mondiale contro il Cancro si concentra sull'infanzia, anzi, tutto il 2009 sarà integralmente dedicato ai bambini, per farli crescere sani: è da piccoli che si mettono le basi per il futuro! ;o)
Vi lascio questi due link, in cui potrete scaricare due relazioni in .pdf, in ingliese (sono molto grandi, soprattutto il secondo, ci vuole un pò di tempo per scaricarli, pazientate!):
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International Union Against Cancer: La Giornata mondiale del cancro evidenzia il collegamento tra sovrappeso e cancro
Oggi l’Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC) lancia "Amo il mio bambino attivo e sano", una campagna per migliorare la consapevolezza del collegamento tra eccesso di peso corporeo e cancro. Dichiara Isabel Mortara, Direttore Esecutivo di UICC: "Da tre a quattro milioni di nuovi casi di cancro potrebbero essere prevenuti ogni anno evitando il sovrappeso e l’obesità. Le buone abitudini iniziano nei primi anni di età, quindi la nostra attenzione è concentrata sull’incoraggiare i bambini a seguire una dieta sana e ad essere fisicamente attivi. Si stima che 22 milioni di bambini di età inferiore a 5 anni siano sovrappeso e il problema è in crescita".
La necessità della campagna UICC è sottolineata da Credenze e comportamenti correlati al cancro (www.worldcancercampaign.org/reports), un rapporto riassuntivo pubblicato oggi, con nuovi dati che mostrano come il pubblico non comprenda che le scelte aumentano il rischio di cancro. Ad esempio, circa il 40% delle persone nelle Americhe, in Australia/Nuova Zelanda e nell’Asia occidentale non era consapevole del fatto che il sovrappeso aumenta il rischio di cancro; in altre regioni la consapevolezza era minore. Il sondaggio è il primo a fornire dati internazionalmente confrontabili sulle credenze e sui comportamenti correlati al cancro. L’UICC ha collaborato con personale di Gallup International nel 2008 per intervistare oltre 40.000 persone in 39 Paesi. Il nuovo rapporto fornisce dati dettagliati per otto regioni ONU. Dichiara il Professor David Hill, Presidente dell’UICC: "Il sovrappeso e l’obesità fanno parte della catena causale per molti tipi di cancro. Questo fatto è ben affermato nella letteratura scientifica, ma non adeguatamente compreso nella comunità. Infatti, l’attuale carenza di comprensione pubblica del collegamento fra peso corporeo e cancro probabilmente è simile alle nostre attitudini verso la correlazione tra fumo e cancro alla fine degli anni ’50".
La Giornata mondiale del cancro segna l’avvio di una campagna di un anno per incoraggiare gli adulti a promuovere sane abitudini alimentari e l’attività fisica tra i bambini. Dichiara Hill: "L’evidenza accumulata del collegamento fra sovrappeso e obesità e cancro è ampiamente basata sugli studi sugli adulti. Ma abitudini alimentari sane per tutta la vita si basano sul comportamento nella prima infanzia". La campagna è sostenuta da A healthy active childhood (www.worldcancercampaign.org/reports), un rapporto di esperienza pubblicato oggi, ed è un modo in cui l’UICC collabora con membri e partner per applicare la Dichiarazione mondiale sul cancro adottata nel 2008.
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L'Euriskoha effettuato un sondaggio che ha voluto approfondire quali siano il significato e il valore del tempo per i malati oncologici e per i loro care givers (ovvero chi fornisce le cure ai pazienti: familiari, amici, conoscenti). Ne è emerso che per i malati di cancro «la priorità è il presente, avere il tempo per assaporare fino in fondo ogni attimo di una vita a cui viene restituito valore». E se da parte dei pazienti si evidenzia un’accettazione silenziosa della malattia e un conseguente sviluppo di grande attaccamento alla vita, con sentimenti di ottimismo e determinazione, i parenti sono più in difficoltà: provano sentimenti di impotenza, costantemente concentrati sulle difficoltà dell’assistenza e sull’ineludibilità della fine.
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Il concetto di qualità della vita viene ridefinito dai pazienti in base a cosa si fa nella quotidianità, dal riuscire a fare le cose che si facevano prima (come lavorare, uscire con gli amici, fare sport) all’essere autosufficienti fino a sentirsi utili. Un modo di poter godere del presente senza rimorsi e malinconia verso il passato e senza angoscia per il futuro, focalizzandosi su una gestione del tempo a medio-breve termine, ponendosi dei piccoli traguardi (come accompagnare i figli a scuola o fare un weekend con la famiglia) e guardando a un futuro più lontano (scrivendo un libro, creando associazioni di volontariato o portando avanti la propria azienda).
I parenti invece navigano a vista, tra la difficoltà di riuscire a progettare e il costante paragone con quello che si riusciva a fare prima della malattia, vivendo sempre in una continuo stato d'allerta. In entrambi i casi, per gestire al meglio la quotidianità, si chiede supporto al sistema sanitario, che viene percepito come alleato e vicino, ma a cui si domanda soprattutto una maggiore sensibilità alla dimensione psicologica (risulta prezioso l'aiuto dello psiconcologo).
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Come non confermare queste parole??? :o(
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