domenica 18 gennaio 2009

La leggenda della tartaruga: Chelone e Giove


La tartaruga, prima d’essere l’animale che noi conosciamo, era una bellissima fanciulla; fu per la sua pigrizia che diventò una delle più goffe bestie della terra.

All'alba del mondo vi fu una gran festa sulle cime dell'Olimpo, dove gli dei abitavano nei loro luminosi palazzi d'oro: Giove, il più potente di tutti, il signore del fulmine e del fuoco, prende moglie; figuratevi che ressa fra le divinità femminili per sposare il grande padrone del cielo, ma Giove ha fatto la sua scelta: sposa Giunone, la dea bellissima le cui spalle sono bianche come la luna di gennaio ed i cui splendidi occhi azzurri sono grandi e luminosi come lo specchio dei laghetti alpini.

Per un avvenimento così importante venne preparato nell'Olimpo un gran banchetto e tutte le divinità furono invitate alla festa. Così all'alba del giorno fissato per le nozze, da ogni angolo della terra e dell'Oceano, luminosi come nuvole mattutine, tutti gli dei si misero in cammino: dai boschi si videro uscire a sciami le Naiadi coperte dei loro veli azzurri; le ninfe dei fiumi e quelle che abitano nel fondo delle fontane si videro emergere dai gorghi coi capelli adornati di nenufari e di capelvenere; e poi ancora le innumerevoli ninfe marine, quelle che abitavano in fondo all'Oceano in grotte di madreperla e di corallo; c’erano Nettuno -il maestoso dio delle acque- , i Tritoni barbuti che odorano di pesce ed anche i venti rabbuffati con le ali color tempesta e gli Zeffiri lievi, che hanno alucce morbide e variopinte come quelle delle farfalle. In mezzo a tutte le divinità troneggiava la veneranda Cibele, grande come una montagna e vi era anche Demetra sorella di Giove, che portava sul capo una corona di spighe d'oro, mentre Mercurio faceva gli onori di casa e correndo qua e là coi suoi talari alati; arrivò perfino la capra Amaltea belando dai pascoli del cielo, nella sua qualità di nutrice dello sposo, infatti fu lei che allattò Giove, quando la madre, per sottrarlo alle mani di Saturno che lo voleva divorare, lo nascose in una grotta dell'isola di Creta e Giove, per gratitudine, l'autorizzò a brucare eternamente nelle sterminate praterie del cielo e tanto è bianca e splendente la sua lana, che noi di notte quando la vediamo, la scambiamo per una stella, perciò era giusto che anche Amaltea fosse presente alla festa, così la bella capra si sdraiò ai piedi del dio Pan, venuto dai gioghi dell'Arcadia e lo guardava coi suoi miti occhi di agata, mentre quello modulava una melodia agreste sul suo flauto di canne.

Gli dei viaggiano in fretta e bastò poco perché tutto l'Olimpo fu pieno di divinità. Le tavole erano imbandite, l'ambrosia e il nettare spandevano un odore soavissimo, l'Aurora distese sulle soglie del cielo i suoi piu meravigliosi tappeti, perchè vi passassero sopra gli sposi, in terra gli uccelli cantavano a distesa e i prati e gli alberi erano tutti fioriti. L'arrivo degli sposi era ormai imminente, nel salone della reggia di Giove erano riunite tutte le potenze della terra del mare e dell'aria, era uno spettacolo meraviglioso: sembrava di guardare un cielo pieno di stelle in una notte d'agosto da su la cima di un'alta montagna.

Ed ecco la divina coppia entrare nella sala del trono ed il padre degli dei, con al braccio la sposa, andava a prendere posto sul suo alto seggio di avorio e d'oro, ma appena seduto Giove corrugò la fronte. A quel cenno tutta la montagna tremò. Col suo occhio sagace che tutto vedeva Giove si accorse che uno dei seggi era vuoto: una delle divinità mancava all'appello. Accorse Mercurio: “Chi è che manca?” - “E' Chelone, una ninfa che abita sulla riva del mare”. Immediatamente Mercurio afferrò la verga con la quale tagliava le nubi quando volava per l'aria e, rapido come la folgore, scese verso il luogo dove la ninfa assente aveva la sua dimora. Chelone era una ninfa con delle abitudini singolari: bella, ma straordinariamente indolente di natura, invece di vivere nel mare con le sue sorelle, si era costruita una casa di pietra sopra uno scoglio che guardava sulla spiaggia e lì si era messa a vivere da sola. Scendendo a volo dall'Olimpo, Mercurio vide la casa dalla quale esce un filo di fumo. La raggiunse e con un colpo di verga spalancò la porta: la ninfa era seduta davanti allo specchio e tranquilla e sonnacchiosa si pettinava e cantava. “Come mai - le chiede Mercurio indignato - non hai ubbidito all'invito di Giove? Tutti gli dei maggiori e minori sono sull'Olimpo per festeggiare le nozze del Signore del cielo, e tu stai qui ancora a pettinarti?” Chelone rivolgendo a Mercurio il più languido dei suoi sorrisi: “Oh - dice senza scomporsi - io non ho fretta. Gli dei possono attendere, quando mi sarò ravviata con mio comodo i capelli, indosserò il mio velo e mi metterò in cammino. Se non arriverò in tempo, pazienza...”. A queste parole Mercurio perdette proprio la pazienza, alzò la sua verga e con un colpo rovesciò la casa e la ninfa in mare. Caduta in acqua la casa scomparve sotto le onde, ma Chelone era una ninfa e perciò immortale, non poteva affogare. Così dopo qualche minuto la si vide riemergere a galla, ma….in quale condizione!
La casa le si era appiattita addosso, trasformandosi in un enorme guscio duro come la pietra. Da una delle finestre, la misera Chelone sporgeva la testa calva e un collo lungo e grinzoso come quello di una vecchia millenaria; i suoi occhi erano diventati piccoli e tristi ed il muso gli si era trasformato in una specie di becco che inutilmente apriva e chiudeva per tentar di chiamare aiuto: era diventata completamente muta; le braccia, trasformate in due zampe unghiate a forma di ronciglio, a stento riuscivano a tenerla a galla e le gambe, rattrappite anch'esse e coperte di dure squame, arrancano con movimenti goffi e tardi verso la riva. “Eccoti punita - le grida Mercurio - per tutta l'eternità tu striscerai per terra e lungo le rive del mare e rimarrai muta, simbolo dell'indolenza”. La ninfa Chelone si era così trasformata in una tartaruga marina, madre di tutte le tartarughe che oggi popolano i mari e le terre del mondo.

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http://www.mightygorgon.com/

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