domenica 30 novembre 2008

Nostalgia, tristezza e dubbi.


Caro papà,
ti ricordi quanti baci, quante carezze, quanti sorrisi tra noi?
Mi hai fatto crescere con la tua dolcezza; mi hai stretto forte a te nell'abbraccio più sicuro e protettivo; mi hai fatto toccare il cielo prima ancora che mi alzassi in piedi e camminassi. Mi hai insegnato le tabelline con il grande cartellone che avevi messo in cucina, ad andare in bicicletta, a disegnare col tecnigrafo, a guidare la macchina, ad allacciarmi le scarpe e a camminare con garbo. Giocavi con me con il trenino elettrico, con la pista delle macchinine, mi disegnavi le automobili che poi coloravo. Mai mi hai dato un ceffone e mai mi hai messa in castigo. Ricordi quanti giri in bici abbiamo fatto insieme? E quando trovammo Cipì per strada? Ricordi i viaggi in macchina, le canzoni che cantavamo, le soste periodiche per cambiare l'acqua ai pesciolini? Ricordi quando mi hai insegnato a nuotare? Ma soprattutto mi hai insegnato ad andare sempre avanti, a testa alta, anche tra mille paure. Mi hai insegnato il sacrificio e il valore di una famiglia splendida come la nostra.
Anche quando sei un pò burbero io lo so che mi vuoi bene, e io te ne voglio ancora di più perchè mi sopporti sempre e nonostante tutto.
Sei il mio eroe! Sei come io vorrei essere. Grazie di essere il mio speciale e personalissimo papà!
Ti adoro,
R.

Sono tre giorni che piove quasi ininterrottamente, fa freddo e tira vento. Già normalmente non esco molto, anzi, ma con questo tempo passa completamente anche la poca voglia di uscire che ho. Diventa subito buio... e il mio umore sempre triste. Papà soffre molto. E io soffro con lui. Volevamo iniziare a preparare il Presepio, a casa mia è una tradizione! Si fa ogni anno diverso, e ogni anno ci vogliono quelle due o tre settimane per fare tutta la struttura in legno e sughero, sistemare la parte elettrica delle luci, della fontana (bellissima, comperata a Napoli a San Gregorio Armeno!). Purtroppo io con un martello in mano sono una schiappa, questo lavoraccio lo ha sempre fatto papà e l'unico Natale in cui feci io il Presepio, andai direttamente a comperare una capanna già pronta!!! Ma quest'anno la vedo dura. Lavori manuali non ne può fare più, uscire di casa impensabile... e così, lo vedo sempre vagare dalla cucina alla camera da letto fino allo studio. Un'anima in pena. Di notte non dorme e di giorno lo sento sempre lamentarsi. Ormai questi suoi lamenti e le smorfie di dolore che fà col viso, tenendosi la pancia, sono indelebili dalla mia memoria. Non riesco a fare nulla se non a pensare a lui, a cercare di farlo sorridere con una battuta o spupazzandomelo un pò strusciandomi a lui. Forse a volte gli dò più fastidio che altro, ma... è il mio modo per fargli capire che gli voglio bene =o(.

Certe volte penso che non è giusto che soffra così. Penso che sarebbe più umano lasciarlo stare, evitare di farlo soffrire sottoponendolo a cure inutili e completamente infruttuose, evitando di fargli fare periodicamente esami vari che servono solo per farci stare tutti e tre male, per farci cadere nello sconforto e nella disperazione. Vivo, almeno io, la vita quotidiana in modo strano. Sono ben cosciente del male e di quello che ci aspetta, ma ho un modo tutto mio, in cui penso alla cosa, è come se non ci credessi. Così ogni volta che andiamo al CRO e si fanno le varie analisi e i vari esami, vengo catapultata in una realtà che non mi piace e non accetto. Dicevo, appunto, che vederlo soffrire così, fisicamente e moralmente, è atroce. A volte penso che i medici lo stiano solo torturando. Vorrei che lo lasciassero in pace! Che ci lasciassero vivere con meno dolori e ansie questi mesi. Ormai gli è proibito tutto, uscire, mangiare, bere il caffè, fare piccoli lavoretti... che vita è questa vita??? Non sarebbe meglio, allora, accorciare quest'incubo ma lasciargli fare e maniare ciò che vuole??? Poi lo guardo e vedo che che è così giovane, che ha voglia di fare, di vivere, di combattere, che non si arrende. E allora perchè negargli anche solo un giorno in più? Non vorrei mai trovarmi nella posizione di dover scegliere io per lui.

Come vorrei prendere il suo posto! Come vorrei prendere anch'io la sua malattia! Mi rendo conto che in alcuni momenti del giorno cerco il contatto con lui, con la sua pelle, col suo alito, con il suo sangue, come se da questi lui mi potesse trasmettere il male che si è impossessato della sua, ma anche della mia vita. Sono sicuramente attimi in cui non ragiono, ma la verità è che non lo voglio lasciare solo e che voglio condividere con lui tutto, anche questa maledetta malattia!

.

Dal Corriere della Sera: CURARE ANCHE QUANDO NON SI PUO' GUARIRE.

«Anche quando non si può più guarire, si può continuare a curare». La Fondazione Floriani ha scelto le parole di Vittorio Ventafridda, il «padre» delle cure palliative in Italia, recentemente scomparso, per celebrare i trent’anni di attività a fianco dei malati e delle loro famiglie. Trent’anni durante i quali molto è cambiato, si è passati dal deserto assistenziale ad una rete di servizi, ancora con parecchi buchi, ma in crescita costante. E sono cambiate le sfide poste da una medicina che pare spostare sempre un po’ più in là il limite della vita.

LE NUOVE SFIDE DEI MALATI CRONICI - Se ne è discusso a Milano in occasione del convegno «Caring versus curing – Prendersi cura delle fragilità: continuità assistenziale nel terzo millennio», promosso dalla Fondazione, che ha radunato alcuni fra i principali esperti nazionali e internazionali. «Paradossalmente, l’evoluzione della medicina ci ha messo di fronte ad una morte “diversa” dal passato – osserva Giovanni Zaninetta, presidente della Società italiana di cure palliative -. Negli ultimi decenni l’età media è cresciuta, l’aspettativa di vita si è innalzata fino a livelli prima impensabili. Se tutto ciò è un innegabile progresso nella storia dell’uomo, pone però problemi scientifici e organizzativi nuovi ad una sanità che vuole prendersi cura anche delle persone che non possono guarire, ma possono vivere, per un tempo più o meno a lungo».

250MILA MALATI TERMINALI - Secondo i dati più recenti, riferiti al 2002, in Italia ogni anno ci sono 250mila malati terminali che necessitano di cure palliative, dei quali 160mila con una patologia oncologica. Fra i malati di tumore, solo quattro su dieci vengono seguiti in modo continuativo da équipe dedicate ed esperte.

ASSISTENZA CONTINUA - Soprattutto per i pazienti con un tumore in stadio molto avanzato, infatti, per i quali si parla di terminalità in senso stretto e le aspettative di vita si limitano ad alcuni mesi, è necessario attivare servizi di livello adeguato nell’arco di pochissimo tempo. «I punti chiave sono due – spiega Zaninetta -: garantire la continuità della cura anche a chi viene dimesso, cercando di non lasciare sole le famiglie a colmare i vuoti assistenziali, e garantire ai malati la possibilità di scegliere dove concludere il più serenamente possibile il proprio tempo». E tutto ciò significa avere cure domiciliari di qualità.

Donatella Barus

http://www.corriere.it/sportello-cancro/

Nessun commento:

Posta un commento

La base del template è quella di ©Blografando2008 cambiata in base alle mie esigenze.