sabato 3 gennaio 2009

P21, il segreto delle recidive


Ricordo due anni e mezzo fa, quando dopo il primo intervento e le 12 sedute di chemioterapia biweekly FOLFOX facemmo serenamente i contolli ai raggi, sicurissimi che tutto era andato bene e potevamo toglire il port di papà per il quale lo chiamavo "il papà bionico". Ci dissero invece, subito, che c'erano delle macchie al polmone destro............ cademmo nel baratro all'istante. Un attimo prima la gioia di aver finito le terapie, pochi minuti dopo la paura di essere ancora dentro... Questo è il terrore di chi è colpito dalla malattia, l'incubo peggiore degli oncologi e dei pazienti: il tumore che, dopo essere stato completamente annientato dalle terapie, ritorna perchè le sue radici sono rimaste nell'organismo. E' stata trovata, però, la molecola che lascia alle cellule tumorali il tempo necessario per riparare i danni a carico del loro Dna: siamo sulla buona strada per sconfiggere questi schifosi esserini che stanno mangiando il mio papà, luridi schifosi!!!

La scoperta è stata possibile grazie ai finanziamenti dell’AIRC, del Ministero della Salute e della Comunità Europea. Ecco perchè è importantissimo donare alla ricerca!

La notizia:

Il segreto dell’immortalità delle cellule staminali del cancro -quelle che lo alimentano e causano le recidive perché immuni ai chemioterapici- è stato svelato. Il loro punto di forza è la proteina p21 che ne rallenta la proliferazione, dando loro il tempo necessario per riparare i danni al Dna. In pratica, è come se queste cellule fossero in grado di ringiovanirsi indefinitamente: non invecchiano e, quindi, non muoiono. Bloccando la produzione di p21, però, è possibile renderle mortali e colpire il tumore alla radice. Individuato in questa molecola la radice dell’immortalità del cancro si è scoperto l’arma potenziale per estirpare completamente la malattia, senza più timori di recidive.
La scoperta è italiana e la ricerca, condotta nei laboratori dell’Istituto europeo di oncologia (IFOM-IEO) in collaborazione con le università di Milano e Perugia, è stata pubblicata questa settimana su Nature. I ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia hanno scoperto il bersaglio per annientare la capacità del cancro di resistere alle terapie, rigenerandosi da un serbatoio interno di cellule staminali, studiando la leucemia mieloide acuta, uno dei tumori più frequenti in campo ematologico.
Le cellule, comprese quelle staminali non tumorali, invecchiano e muoiono perché accumulano danni ed errori a carico del Dna durante le divisioni cellulari. Per capire come mai questo non avvenga in una cellula staminale del cancro, i ricercatori hanno osservato cosa accade a una staminale “normale” quando si altera uno dei geni (oncogeni) che causano un tumore (in questo caso la leucemia mieloide acuta).
Lo studio ha svelato che gli oncogeni stimolano l’attività di un altro gene, detto p21 e, quindi, la produzione della proteina corrispondente, il cui effetto è quello di rallentare la proliferazione. In sostanza, queste cellule hanno molto più tempo delle altre di riparare i danni del Dna, e rimangono giovani e attive, immuni anche alle chemioterapie perchè i farmaci riconoscono e colpiscono solo le cellule in rapida proliferazione.
Silenziando il gene p21, però, anche le cellule staminali del cancro cominciano ad accumulare danni a carico del Dna, quindi invecchiano e muoiono. “La nostra scoperta”, commenta Pier Giuseppe Pelicci, direttore scientifico del dipartimento di Oncologia sperimentale dell'IEO e coordinatore dello studio, “mostra una via per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. Nuovi farmaci che inibiscono il riparo del genoma stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell’essere umano. Sapremo nei prossimi cinque o dieci anni quanto sono efficaci nella cura dei tumori”.
T.M.


Una speranza enorme che si apre per migliaia di malati che ogni giorno sognano di poter essere dichiarati definitivamente guariti. Senza la forza rigenerativa della proteina P21 nelle staminali -spiega il team del professor Pelicci- il cancro non è più in grado di produrre all’infinito quelle cellule malate che annullano nel tempo gli effetti delle cure. «Un lavoro rilevante -è il commento a caldo dell’ematologo torinese Mario Boccadoro-: spiega con quale meccanismo la leucemia è in grado di crescere e resistere alle terapie». Ma «da qui all’applicazione pratica -invita alla cautela Boccadoro- bisognerà attendere alcuni anni, poiché la ricerca di un farmaco richiederà come sempre tempo». «La nostra scoperta - spiega lo stesso professor Pelicci - definisce un metodo per eliminare le staminali del cancro: bloccando i loro sistemi di riparazione del genoma, accumuleranno danno genomico, invecchieranno e moriranno come fanno normalmente le staminali dei nostri tessuti». Malgrado negli ultimi decenni l’oncologia abbia fatto passi da gigante, trovando farmaci risolutivi per molti tumori, per diverse neoplasie questi medicinali non bastano e il cancro torna spesso più feroce di prima. In seguito si è compreso che ciò dipende dal fatto che dietro milioni di cellule tumorali che le terapie spesso riescono ad uccidere, c'è, ben nascosto, un manipolo di cellule staminali capostipiti del male. Senza il potere di generare una nuova popolazione di cellule malate, il tumore può invece essere vinto. Il gruppo di ricercatori del Dipartimento di Oncologia guidato dal professor Pelicci ha compreso non solo qual è l’obiettivo da colpire. Ha capito che la lentezza con cui le staminali del cancro si riproducono -e quindi il tempo necessario perché una recidiva si manifesti- serve al tumore per riesplodere in tutta la sua aggressività. «La proteina “P21” - è il paragone, in termini facilmente comprensibili - costringe il tumore una sorta di pit-stop, durante il quale le staminali riparano il proprio Dna». Senza questa «sosta» le cellule madri accumulerebbero naturalmente quei danni genetici che la scoperta italiana punta adesso a provocare, annientando le autodifese del cancro.
Marco Accossato



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