Ieri è stata l'ennesima triste giornata: un anno fa mio papà entrava nel suo ultimo mese di vita... Non sto ancora per niente bene, piango ogni volta che entro nello studio e mi siedo di fronte al suo PC, ogni volta che vado al supermercato nel reparto frigo e vedo i budini e le creme di riso che gli compravo per farlo mangiare quando le uniche cose che forse passavano nel suo stomaco erano semisolide... piango quando taglio l'erba e sto con le mie tartarughine tanto amate, piango quando vado a Padova e provo a studiare trovando i suoi appunti in mezzo ai libri...
Non sono più molto informata sulla malattia e sui progressi che si stanno facendo, ma oggi, dando un'occhiata al Corriere della Sera ho letto un titolo che mi ha incuriosita e portata sempre più verso una convinzione: non voglio il federalismo fiscale! :o(
Riporto parte dell'articolo:
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«Il cancro non può più essere considerato un fatto personale, che coinvolge al massimo le famiglie dei malati e gli operatori sanitari, ma va visto e trattato come un importante fatto sociale». Una malattia per la quale è necessario valutare e seguire sia l’impatto individuale che quello socioeconomico. Sta tutto nelle parole del Presidente del Censis Giuseppe De Rita il riassunto del Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici 2010 presentato a Roma in occasione della Quinta giornata nazionale del malato oncologico (dal 13 al 16 maggio). Un rapporto che vede salire il numero di malati, ma diminuire i decessi. E che mette in luce questioni da tempo irrisolte, come le disparità assistenziali fra le varie parti del Paese. E se già ora alcuni farmaci innovativi vengono rimborsati a anni di distanza fra una Regione e l’altra, cosa accadrà con il federalismo fiscale?
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Visti i tassi attesi di crescita delle patologie tumorali è indispensabile definire politiche sanitarie e sociali utili a migliorare la qualità della vita di pazienti, familiari e, in definitiva, di tutti i cittadini coinvolti. Risulta chiaro che le patologie tumorali hanno un elevato costo socio-economico, che impatta sulla sanità ma anche sul sistema produttivo e la creazione di reddito, per effetto della contrazione della produttività.
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E' una patologia di massa, con un impatto rilevante sulle vite delle persone che ne sono affette, dei loro familiari, ma anche sull’economia e la vita sociale delle comunità. Il peso sulla sanità è evidente: quasi 760 mila ricoveri l’anno e 370mila per chemioterapia. A conti fatti, il costo annuale dei nuovi casi è stato nel 2009 per l’Italia di oltre 8,3 miliardi di euro, pari a circa 25,8 mila euro l’anno per paziente. Ma non solo: ogni anno i nuovi casi di cancro determinano un impatto economico, in termini di spese sanitarie e perdita di produttività, pari allo 0,45 per centro del Pil.
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Visti i tassi attesi di crescita delle patologie tumorali è indispensabile definire politiche sanitarie e sociali utili a migliorare la qualità della vita di pazienti, familiari e, in definitiva, di tutti i cittadini coinvolti. Risulta chiaro che le patologie tumorali hanno un elevato costo socio-economico, che impatta sulla sanità ma anche sul sistema produttivo e la creazione di reddito, per effetto della contrazione della produttività.
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E' una patologia di massa, con un impatto rilevante sulle vite delle persone che ne sono affette, dei loro familiari, ma anche sull’economia e la vita sociale delle comunità. Il peso sulla sanità è evidente: quasi 760 mila ricoveri l’anno e 370mila per chemioterapia. A conti fatti, il costo annuale dei nuovi casi è stato nel 2009 per l’Italia di oltre 8,3 miliardi di euro, pari a circa 25,8 mila euro l’anno per paziente. Ma non solo: ogni anno i nuovi casi di cancro determinano un impatto economico, in termini di spese sanitarie e perdita di produttività, pari allo 0,45 per centro del Pil.
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L’evoluzione della prevalenza tumorale mostra che il numero dei casi rispetto al 2005 è cresciuto complessivamente del 12,7 per cento, dato più alto tra le donne rispetto agli uomini. L’aumento, spiegano gli esperti, è da attribuire soprattutto all’invecchiamento della popolazione, alla diffusione e all’implementazione di programmi di screening e alla sempre più ampia applicazione di strumenti di diagnosi precoce. A fronte di queste cifre, bisogna però ricordare la costante riduzione della mortalità, legata particolarmente al miglioramento delle politiche di prevenzione, delle tecniche diagnostiche e delle terapie.
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Il Rapporto, poi, torna a lanciare l’allarme rispetto alla situazione rilevata un anno fa: forti differenze nell’assistenza e nell’accesso ai farmaci innovativi penalizzano i malati di tumore a seconda della regione in cui vivono. L’assistenza domiciliare integrata, ad esempio, (quella che abbiamo fatto anche noi negli ultimi tre mesi, l'ADIMED) registra disuguaglianze molto elevate tra regioni come la Basilicata e la Provincia Autonoma di Trento (rispettivamente 237 e 153 casi di assistenza domiciliare ogni 100mila abitanti) e Regioni come la Campania (35 casi), la Valle d’Aosta (34 casi) e la P.A. di Bolzano, dove non risulta fornito alcun tipo di assistenza domiciliare. Anche la dotazione degli hospice (vi prego, se potete, evitate gli hospice... è triste e doloroso passare gli ultimi giorni di vita lì dove tutti stanno morendo, soprattutto se il malato è cosiente del posto...) appare ancora inadeguata, con una situazione molto diversificata da Regione a Regione. In fatto di terapia del dolore, l’Aiom segnala poi che anche l’uso dei farmaci a base di oppioidi continua a essere insufficiente, ma più per pregiudizi culturali che per reali difficoltà burocratiche o finanziarie. (Usateli, usateli, usateli! Non lesinate su queste droghe! Se almeno possiamo evitare loro il dolore, facciamolo!)
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Se già esistono queste grandi disparità, che accadrà con l’attuazione del federalismo fiscale? Ci sarà una maggiore responsabilizzazione delle Regioni e quindi una prospettiva di miglioramento della situazione? Oppure vedremo un’ulteriore diversificazione nell’assistenza, con malati oncologici di serie A o B a seconda di dove abitano? L'interrogativo è attuale, considerando quanto accade con i farmaci innovativi approvati dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), per i quali, prima della distribuzione in una Regione, si registra un ritardo anche di alcuni anni. I «tempi mediani» di ritardo tra l’approvazione dell’Aifa e l’inserimento nei Prontuari regionali possono sembrare contenuti in pochi mesi, ma se si osservano i valori massimi, si rilevano variazioni rilevanti: ad esempio 50,5 mesi per il Cetuximab, 45,4 mesi per l’Ibritumomab, 36,3 mesi per il Sorafenib. I motivi della lentezza? Solo questioni di natura organizzativa ed economica, rispondono gli esperti. Ovvero l’intento di contenere la spesa, rinviando nel tempo il rimborso dei farmaci . «Speriamo di portare a conclusione un tavolo tecnico Stato-Regioni per risolvere il problema - ha commentato il ministro della Salute Ferruccio Fazio -: ribaltare il discorso per cui all’approvazione dell’Aifa il farmaco sarà disponibile e solo successivamente il prontuario regionale potrà fare un distinguo».
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L’evoluzione della prevalenza tumorale mostra che il numero dei casi rispetto al 2005 è cresciuto complessivamente del 12,7 per cento, dato più alto tra le donne rispetto agli uomini. L’aumento, spiegano gli esperti, è da attribuire soprattutto all’invecchiamento della popolazione, alla diffusione e all’implementazione di programmi di screening e alla sempre più ampia applicazione di strumenti di diagnosi precoce. A fronte di queste cifre, bisogna però ricordare la costante riduzione della mortalità, legata particolarmente al miglioramento delle politiche di prevenzione, delle tecniche diagnostiche e delle terapie.
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Il Rapporto, poi, torna a lanciare l’allarme rispetto alla situazione rilevata un anno fa: forti differenze nell’assistenza e nell’accesso ai farmaci innovativi penalizzano i malati di tumore a seconda della regione in cui vivono. L’assistenza domiciliare integrata, ad esempio, (quella che abbiamo fatto anche noi negli ultimi tre mesi, l'ADIMED) registra disuguaglianze molto elevate tra regioni come la Basilicata e la Provincia Autonoma di Trento (rispettivamente 237 e 153 casi di assistenza domiciliare ogni 100mila abitanti) e Regioni come la Campania (35 casi), la Valle d’Aosta (34 casi) e la P.A. di Bolzano, dove non risulta fornito alcun tipo di assistenza domiciliare. Anche la dotazione degli hospice (vi prego, se potete, evitate gli hospice... è triste e doloroso passare gli ultimi giorni di vita lì dove tutti stanno morendo, soprattutto se il malato è cosiente del posto...) appare ancora inadeguata, con una situazione molto diversificata da Regione a Regione. In fatto di terapia del dolore, l’Aiom segnala poi che anche l’uso dei farmaci a base di oppioidi continua a essere insufficiente, ma più per pregiudizi culturali che per reali difficoltà burocratiche o finanziarie. (Usateli, usateli, usateli! Non lesinate su queste droghe! Se almeno possiamo evitare loro il dolore, facciamolo!)
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Se già esistono queste grandi disparità, che accadrà con l’attuazione del federalismo fiscale? Ci sarà una maggiore responsabilizzazione delle Regioni e quindi una prospettiva di miglioramento della situazione? Oppure vedremo un’ulteriore diversificazione nell’assistenza, con malati oncologici di serie A o B a seconda di dove abitano? L'interrogativo è attuale, considerando quanto accade con i farmaci innovativi approvati dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), per i quali, prima della distribuzione in una Regione, si registra un ritardo anche di alcuni anni. I «tempi mediani» di ritardo tra l’approvazione dell’Aifa e l’inserimento nei Prontuari regionali possono sembrare contenuti in pochi mesi, ma se si osservano i valori massimi, si rilevano variazioni rilevanti: ad esempio 50,5 mesi per il Cetuximab, 45,4 mesi per l’Ibritumomab, 36,3 mesi per il Sorafenib. I motivi della lentezza? Solo questioni di natura organizzativa ed economica, rispondono gli esperti. Ovvero l’intento di contenere la spesa, rinviando nel tempo il rimborso dei farmaci . «Speriamo di portare a conclusione un tavolo tecnico Stato-Regioni per risolvere il problema - ha commentato il ministro della Salute Ferruccio Fazio -: ribaltare il discorso per cui all’approvazione dell’Aifa il farmaco sarà disponibile e solo successivamente il prontuario regionale potrà fare un distinguo».
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Vera Martinella
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