martedì 25 maggio 2010

Dai trattamenti estetici all'Oncologia

E' stata sperimentata a Bologna una nuova tecnica, l'ELETTROPORAZIONE, che attraverso dei campi elettrici "porta" la chemio direttamente nella cellula tumorale, con ovvi vantaggi. vediamo di cosa si tratta.
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L’elettroporazione è una tecnica utilizzata per aprire i pori della membrana cellulare per introdurre nelle cellule il Dna o altre sostanze farmacologiche. Come, ad esempio, creme e cure varie per contrastare l’invecchiamento della pelle. O come i farmaci chemioterapici contro le metastasi ossee causate da un tumore della pelle in fase avanzata. Se nei centri estetici la metodica è già in uso da tempo, la sua applicazione in versione anticancro è piuttosto recente, ma i dati ultimamente presentati dagli specialisti dall’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna sembrano promettenti.
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L’elettroporazione consiste in una repentina scarica elettrica, indolore per il paziente. Gli elettrodi introdotti nel tessuto malato creano campi elettrici che fanno aprire i pori nella membrana cellulare e permettono così un più facile e aumentato ingresso dei farmaci antitumorali direttamente nelle cellule cancerose. Il team del Rizzoli ha sperimentato la tecnica prima in laboratorio e poi, a partire dal luglio 2009, anche in fase clinica su alcuni malati con metastasi ossee: «Abbiamo verificato che in questo modo l’efficacia dei chemioterapici antiblastici viene potenziata soltanto nelle aree interessate dal campo elettrico» ha spiegato Milena Fini, coordinatrice del Centro di riferimento specialistico di studi preclinici tecnologie e terapie innovative del Rizzoli e a capo della sperimentazione.
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Questo trattamento per ora è utilizzato solo a scopo palliativo :o( e combina due metodi diversi:
1. vengono scelti farmaci a forte azione citotossica, capaci di uccidere in modo efficae le cellule cancerose. Questi farmaci, in genere il cisplatino e la bleomicina, non entrano con facilità nelle cellule, quindi la loro efficacia ne è limitata;
2. gli impulsi elettrici di alto voltaggio, capaci di influenzare la membrana cellulare, creano veri e propri buchi i cui entra il farmaco.
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«Le conseguenze positive sono due – prosegue Fini -: innanzitutto l’efficacia del trattamento aumenta, cioè in pratica le cellule tumorali muoiono di più, e inoltre non viene alterata l’impalcatura ossea». Questo significa che l’osso si ricostituisce con cellule sane dopo il trattamento. Non si ha quindi il cosiddetto «crollo» causato dalle terapie ablative tradizionali (quelle che per colpire la metastasi alterano maggiormente la costituzione delle ossa), che impone di intervenire ulteriormente e invasivamente, ad esempio con iniezioni di cemento, per sostenere l’apparato scheletrico indebolito. Prima della sperimentazione del Rizzoli, dicono gli specialisti bolognesi, il dispositivo era utilizzato per applicazioni limitate ed esclusivamente su tessuti molli (ad esempio per i tumori primitivi e metastatici dela pelle). Ora il gruppo di ricerca di Bologna è riuscito a creare, attraverso la messa a punto di una particolare tecnologia, un campo elettrico idoneo ai tessuti ossei, risparmiando quelli muscolari, vascolari e nervosi.
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Per molti pazienti oncologici con metastasi ossee l’elettroporazione potrebbe offrire una nuova opportunità di cura per neoplasie che hanno un alto tasso di mortalità o localizzate in sedi tali da non consentirne l’asportazione chirurgica: «Presso il nostro laboratorio – concludono dal Rizzoli - sono in corso ulteriori studi per utilizzare questa tecnica anche per le lesioni tumorali “difficili” come quelle fegato e pancreas».
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Vera Martinelli
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http://www.corriere.it
http://www.torinoscienza.it



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