Egregio Professore (Veronesi),nella mia esperienza personale, purtroppo ricca di esempi,
non ho visto una sola persona guarire o stare meglio, dopo una chemioterapia. In
compenso ne ho viste tante stare male, troppo male. Non dubito che la chemio, se
praticata veramente all'inizio (malattia scoperta per caso e non a causa di
sintomi evidenti), possa avere degli effetti
positivi, ma perché praticarla a 360 gradi, anche quando si sa che non ci sono
speranze? Per allungare la vita di un mese? Mi sembra che il rapporto
"costo/beneficio" sia davvero sbilanciato. E sinceramente non capisco questo
accanimento.Cordialmente,SilviaT
Cara Silvia,purtroppo è noto che i trattamenti chemioterapici non
rappresentano la soluzione definitiva al cancro, anche se va sottolineato che
per alcuni tumori (per esempio per le leucemie) sono invece lo strumento della
guarigione. Ciò che in genere si riesce ad ottenere, a seconda dei casi, è il
controllo o la regressione temporanea della malattia, portandola ad una
situazione di cronicità. Oggi infatti più che "protocolli", si applicano (o
almeno si dovrebbero applicare) terapie personalizzate, che tengono conto cioè
dello stadio della malattia, ma anche del progetto di vita del malato e delle
sue condizioni generali di salute e della sua percezione della malattia. Questo
è il concetto che lei giustamente definisce "costo-beneficio" e, proprio come
dice lei, non sempre è facile trovare il giusto equilibrio. Siamo tutti
perfettamente coscienti, mi creda, che comunque nella maggior parte dei casi
queste cure peggiorano sensibilmente la qualità di vita del malato e spesso
spaventano più della malattia stessa. Infatti ho passato tutta la vita a cercare
di ridurre gli eccessi nelle cure, così come nella chirurgia e nella
radioterapia, anche nella chemioterapia. So anche bene che questa cultura del
"minimo efficace" (vale a dire la ricerca sistematica della dose minima di
farmaci, così come di raggi e di mutilazioni, necessaria a garantire il
risultato terapeutico), basata sull'attenzione al paziente, sull'ascolto e sul
calibrare la cura in base alle sue esigenze, non è ancora sufficientemente
diffusa. Bisogna continuare a parlarne per creare una coscienza nei medici e una
consapevolezza nei pazienti (come lei dimostra di avere), perché qui sta il
cuore del problema. E bisogna continuare, e questo lo stiamo veramente facendo,
nella ricerca di farmaci meno tossici e più efficaci. Proprio all'inizio del
nuovo anno sentirà delle novità sul fronte dei farmaci che colpiscono le
staminali del cancro, una via importantissima per aumentare l'efficacia della
farmacoterapia.
Quali, allora, i comportamenti da adottare per cercare di non ammalarsi? «Per la medicina moderna è proprio la prevenzione, legata a doppio filo alla conoscenza, lo strumento più efficace a disposizione di ognuno di noi per ridurre l'incidenza delle malattie e la mortalità». Ciascuno, insomma, deve capire che è artefice almeno in parte del proprio destino. «Guidare un'auto comporta un rischio di incidente stradale, ma se indossiamo le cinture di sicurezza le probabilità individuali di subire un trauma diminuiscono. Così vale anche nella lotta alle malattie. La prevenzione sposta il carico della protezione della salute dalla società (attraverso i medici e gli ospedali) all'individuo. Rimane saldamente nelle mani della società la responsabilità di creare conoscenza. La partecipazione dei cittadini alla difesa del proprio benessere non può e non deve essere un alibi per la latitanza della comunità. A noi (medici) spetta il compito di informare e sensibilizzare i pazienti perché possano liberamente e consapevolmente scegliere comportamenti che riducano le probabilità di ammalarsi ».
L'informazione, però, da sola non basta. «È necessario, poi, proporre programmi di prevenzione a cui i cittadini informati possano decidere di aderire. Vanno in questa direzione, in campo oncologico, il programma di vaccinazione contro il tumore del collo dell'utero nelle adolescenti, le Tac spirali per i forti fumatori per la scoperta tempestiva del tumore ai polmoni, la strategia mortalità zero per il cancro del seno con un'informazione capillare alle donne sugli esami salvavita per ogni fascia d'età. Grazie alle nuove conoscenze informatiche gli esami basati sulla diagnostica per immagini hanno raggiunto livelli di precisione molto avanzata. Ciò è importante per risalire sempre più indietro nel processo di formazione delle malattie. Oggi si sta diffondendo la farmacoprevenzione. I ricercatori stanno studiando principi attivi in grado di impedire sul nascere lo sviluppo di malattie. Per lo più sono derivati di vitamine e altre sostanze naturali. Vengono già impiegate nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Ora progressivamente sono somministrate anche in oncologia. Sono già utilizzate molecole che proteggono dal manifestarsi del cancro del seno e sono in cantiere nuove sostanze per il tumore della prostata (come il Bicatulamide) e per quello del colon».
Quando ho letto quest'ultima frase il mio cuore ha fatto un balzo e troppa umidità ha colpito i miei occhi... PECCATO! Peccato che noi siamo partiti in quest'avventura con troppo anticipo... o che la ricerca è stata per noi troppo in ritardo... Con un groppo alla gola dico "vabbè, servirà per le generazioni future..." quello che è stato fatto, gli esperimenti su chi ci ha preceduto e su noi stessi, non sono stati e non sono inutili... servono e serviranno a chi verrà dopo di noi... a salvare le vite magari dei nostri stessi discendenti... Solo così riesco a farmi forza e ad andare avanti.
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