Le donne trattate con radioterapia al torace per un tumore in età pediatrica hanno maggiori rischi di ammalarsi di un tumore al seno
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Nonostante le raccomandazioni mediche e la consapevolezza di essere esposte ad un rischio maggiore di tumore del seno, la maggior parte delle donne trattate con radioterapia al torace per una neoplasia in età pediatrica non si sottopone ai dovuti controlli.
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«Le donne curate con radioterapia toracica per una forma di cancro infantile – spiega il coordinatore della ricerca, Kevin C. Oeffinger – vanno incontro a un aumentato pericolo di carcinoma mammario in giovane età. Secondo i dati disponibili, il rischio inizia a salire otto anni dopo l’esposizione ai raggi, ma la maggior parte dei tumori al seno viene diagnosticata circa 32-35 anni dopo». Le stime indicano anche che tra il 12 e il 20 per cento delle ex bambine trattate con una dose moderata o intensa di raggi al torace si trova ad affrontare una diagnosi di neoplasia mammaria entro i 45 anni.
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Secondo i risultati dello studio americano, sono però solo una minoranza le giovani donne guarite che effettuano gli screening consigliati per scoprire in anticipo un eventuale carcinoma mammario. L’attenzione ai check-up, quindi, sembra salire con l’avanzare degli anni, quando comunque ci si avvicina all’età in cui ogni donna (indipendentemente dalla sua storia clinica) dovrebbe fare regolari controlli.
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«L’incidenza maggiore del tumore al seno fra questo tipo di ex pazienti è ormai un dato certo – commenta Alessandro Urgesi, responsabile della radioterapia all’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino -: il loro rischio è più o meno di 20 volte superiore rispetto a quello di coetanee che non hanno subito radiazioni toraciche. Ma non esistono linee guida condivise a livello internazionale sui controlli che devono seguire». Non è detto, cioè, che debbano sottoporsi a una mammografia fin da giovanissime perché, spiega l’esperto, il seno giovanile si presta meno a questo test (per via dei tessuti particolarmente “densi”) e perché questo significherebbe esporle a un’ulteriore quantità di radiazioni.
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«Quello che è fondamentale – conclude Urgesi – è piuttosto un rapporto costante con uno specialista, che può essere il pediatra fin verso i 18 anni e poi un oncologo, informato della storia dell’ex paziente. Basta una visita di controllo annuale, in cui valutare di volta in volta il da farsi». Un suggerimento valido per tutti i bambini che superano un tumore, che dovrebbero seguire un follow up mirato alle caratteristiche fisiche, psicologiche e alla storia clinica di ciascuno.
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Vera Martinella
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