mercoledì 21 gennaio 2009

Il RADON e il tumore al polmone

Il radon (simbolo chimico-fisico 222Rn) è un gas radioattivo derivato dal radio: appartiene alla famiglia dei gas detti nobili, perché non si combina chimicamente, e rari, perché nell’atmosfera si trova in quantità normalmente trascurabili. E’ presente in natura nelle rocce (in particolare granito, porfido, tufo) e nei suoli e può provenire anche dai materiali da costruzione: chimicamente inerte, è incolore e inodore. Quindi da qualsiasi roccia o terreno esce radon, che, essendo un gas, diffonde nell’atmosfera e lì si diluisce. In ambienti sotterranei o in prossimità del livello stradale, non sufficientemente aerati, il radon può raggiungere concentrazioni in aria molto maggiori di quelle ordinarie. La radioattività del radon, se questo viene respirato a lungo, giungendo a contatto dei tessuti polmonari, può danneggiarli, provocando l’insorgenza di tumori.
Per capire qual è il rischio provocato dal radon per la nostra salute occorre capire il significato del termine radioattività: un elemento si dice radioattivo quando i suoi atomi, anziché restare stabili, sempre uguali nel tempo, vanno incontro spontaneamente a una modificazione, detta disintegrazione: ossia perdono un “pezzo”, più o meno pesante, e si trasformano in atomi di un altro elemento che può, a sua volta, essere radioattivo oppure stabile. Questa disintegrazione è spesso accompagnata da raggi gamma, che sono come dei raggi ultravioletti, ma con molta più energia.

Sia i raggi gamma che i “pezzi”, i quali sono detti particelle alfa se pesanti e particelle beta se leggeri, attraversando la materia vivente possono danneggiarne le cellule, con effetti immediati (ustioni, dermatiti) o tardivi (leucemie, tumori, danni nelle generazioni successive) : i danni indotti dal radon appartengono alla categoria dei danni tardivi.

I danni tardivi sono difficili da comprendere al pubblico e quindi particolarmente inquietanti: sono danni gravi, spesso mortali, e di natura probabilistica.
Questo significa che, come succede per il fumo di sigaretta o per i composti chimici che respiriamo quotidianamente per la strada, non sappiamo se, esposti a un agente cancerogeno, effettivamente ci ammaleremo oppure no. I danni tardivi sono effetti soggettivi in una certa misura casuali: qualcuno si ammala, qualcuno no, qualcuno si ammala per una dose bassa, qualcuno per una più alta. Questa è una caratteristica intrinseca della malattia tumorale, che per sua natura è probabilistica.

Non c'è verso di accorgersi della presenza del radon: non ha odore, non ha colore, non ha sapore. Ma in alcune case c'è, eccome, e non è una bella notizia. Perché è un gas radioattivo: produce particelle ionizzanti che, una volta inalate, si depositano nei bronchi e possono danneggiare il DNA delle cellule. Favorendo la comparsa del cancro al polmone: secondo una ricerca condotta in Inghilterra, appena pubblicata online dal British Medical Journal, in 6 casi su 7 si tratta di fumatori o ex fumatori: su di loro l'effetto del radon è maggiore perché il gas fa schizzare alle stelle il rischio, già assai elevato, di chi cede alle sigarette.

Ciò che colpisce ancora di più, però, è scoprire che nel Regno Unito solo il 4% dei casi si registra in chi abita in case con concentrazioni di radon superiori ai 200 becquerel per metro cubo, il limite indicato dalla raccomandazione europea del 1990 per i nuovi edifici (per quelli esistenti la soglia oltre cui sono consigliati interventi di bonifica sale a 400 Bq/m3). In Inghilterra il 70% dei tumori polmonari attribuibili al radon, scrivono gli autori, si manifesta in abitazioni dove il gas è inferiore a 50 Bq/m3(in Italia la media è 70): che i limiti siano da rivedere?

«Non abbiamo evidenze dell'esistenza di una “soglia”, cioè di un valore al di sotto del quale non c'è rischio: la probabilità di tumore polmonare cresce all'aumentare della concentrazione di radon e del tempo di esposizione. I valori di riferimento europei sono un compromesso, fra i tanti possibili, tra diminuzione del pericolo e costo e fattibilità degli interventi per ridurre il rischio — spiega Francesco Bochicchio dell'Istituto Superiore di Sanità, coordinatore del Piano Nazionale Radon —. Detto ciò, i dati si spiegano perché gran parte della gente vive in abitazioni dove i livelli di radon sono medio- bassi: in generale, perciò, il numero di tumori polmonari fra chi vive in edifici con tanto radon è comunque più basso rispetto alla quota di casi che si verificano nel resto della popolazione». Di sicuro è bene ridurre l'esposizione: secondo i dati del Piano Nazionale Radon, che a breve diffonderà alcune raccomandazioni, ogni anno circa 3.000 italiani (in gran parte fumatori) muoiono per un tumore al polmone attribuibile al radon. Difendersi a prima vista non pare facilissimo: secondo lo studio inglese, però, basterebbero interventi tutto sommato poco costosi per mettere in sicurezza le case e ridurre il numero di vittime di cancro al polmone. «Misurare il radon costa qualche decina di euro, i rimedi per ridurne l'ingresso (azzerarlo è impossibile) poche centinaia di euro: è bene diffidare di chi propone interventi a prezzi esagerati — specifica Bochicchio —. È possibile intervenire anche sulle case esistenti, ma arginare il radon nei nuovi edifici è di certo più semplice. Nessuno oggi costruisce in funzione dei livelli di radon misurati nel terreno: è difficile quantificarli perché variano molto ed è impossibile prevedere la concentrazione che ci sarà in ciascuna casa. Tra un paio di mesi sarà approvato il documento tecnico del Piano Nazionale Radon con le indicazioni da seguire per le nuove costruzioni» conclude Bochicchio.

Elena Meli

.

.

http://www.misurediradon.it/

http://www.corriere.it/

Nessun commento:

Posta un commento

La base del template è quella di ©Blografando2008 cambiata in base alle mie esigenze.