Diversi studi indicano che il test per l'Hpv potrebbe sostituire il Pap test come primo esame negli screening
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Gli esperti lo definiscono un «big killer», ma sono convinti che nel giro di pochi anni tumore al collo dell'utero potrebbe essere sconfitto grazie alla prevenzione. Perché la causa del cancro è quasi sempre il papillomavirus, o Hpv, che si contrae per via sessuale: anche per questo la Settimana europea di prevenzione del tumore al collo dell'utero, concentra gli sforzi proprio su Hpv. Prima di tutto, ci si può vaccinare: da un anno in Italia è stata avviata una campagna di vaccinazione gratuita per le dodicenni, ma 5 Regioni hanno esteso la gratuità ad altre fasce d'età e 12 hanno disposto prezzi agevolati per le donne fino a 26 anni che scelgono di vaccinarsi. Certo, per molti genitori non è facile vaccinare una figlia alle soglie dell'adolescenza per una malattia a trasmissione sessuale, così come non lo è discutere di sesso. E c'è anche chi teme possibili effetti collaterali del vaccino. Ma secondo un'indagine condotta in tutta Italia dall' Osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) che sarà presentata in Senato il 21 gennaio, circa la metà delle italiane ha vaccinato la figlia, o ha deciso che lo farà. Due donne su tre vorrebbero saperne di più: quasi tutte hanno sentito parlare di Hpv e del vaccino, «ma — riferisce Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da— solo quattro su dieci hanno conoscenze corrette sul virus. Non è comunque un cattivo risultato, considerando che la visibilità data al tema è recente, anche se c'è bisogno di maggior chiarezza».
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SI AFFILANO LE ARMI - Nel frattempo si affilano le armi per scovare prima e meglio l'eventuale infezione. Oggi il test Hpv è di supporto al Pap test in caso di risultato dubbio (la precisione del Pap test è del 50-70%, i due insieme arrivano al 99.9%), ma si potrebbe presto giungere ad usarlo da solo come esame di primo livello. Una ricerca svedese, pubblicata sul Journal of the National Cancer Institute e condotta su 6257 donne fra 32 e 38 anni, ha infatti valutato diversi protocolli di uso del Pap test e del test Hpv negli screening. La strategia migliore sembra quella di offrire prima il test Hpv a tutte, poi il Pap test solo alle donne risultate positive ad Hpv (un 12% dei casi); le donne positive ad Hpv e negative al Pap test andrebbero controllate con il test Hpv a distanza di 3 anni. Anche uno studio italiano, condotto dalla Asl Roma G su 24 mila donne, ha dimostrato che il test Hpv può integrare e sostituire il Pap test per lo screening. Il test Hpv, che come il Pap test prevede la raccolta di un campione di cellule dal collo dell'utero, rileva la presenza del Dna virale: è perciò più sensibile e individua l'infezione con anticipo. «Ciò consente di portare da 3 a 5-6 anni l'intervallo fra i controlli — dice Maria Concetta Tufi, direttore dell'Unità di screening e prevenzione dell'Asl Roma G —. Finora abbiamo eseguito entrambi i test; da febbraio useremo il test Hpv come primo metodo di screening su altre 130 mila donne».
SI AFFILANO LE ARMI - Nel frattempo si affilano le armi per scovare prima e meglio l'eventuale infezione. Oggi il test Hpv è di supporto al Pap test in caso di risultato dubbio (la precisione del Pap test è del 50-70%, i due insieme arrivano al 99.9%), ma si potrebbe presto giungere ad usarlo da solo come esame di primo livello. Una ricerca svedese, pubblicata sul Journal of the National Cancer Institute e condotta su 6257 donne fra 32 e 38 anni, ha infatti valutato diversi protocolli di uso del Pap test e del test Hpv negli screening. La strategia migliore sembra quella di offrire prima il test Hpv a tutte, poi il Pap test solo alle donne risultate positive ad Hpv (un 12% dei casi); le donne positive ad Hpv e negative al Pap test andrebbero controllate con il test Hpv a distanza di 3 anni. Anche uno studio italiano, condotto dalla Asl Roma G su 24 mila donne, ha dimostrato che il test Hpv può integrare e sostituire il Pap test per lo screening. Il test Hpv, che come il Pap test prevede la raccolta di un campione di cellule dal collo dell'utero, rileva la presenza del Dna virale: è perciò più sensibile e individua l'infezione con anticipo. «Ciò consente di portare da 3 a 5-6 anni l'intervallo fra i controlli — dice Maria Concetta Tufi, direttore dell'Unità di screening e prevenzione dell'Asl Roma G —. Finora abbiamo eseguito entrambi i test; da febbraio useremo il test Hpv come primo metodo di screening su altre 130 mila donne».
Elena Meli
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