sabato 7 febbraio 2009

Farmaci anti-infertilità sicuri per l’ovaio? Forse sì!

La ricerca condotta dagli esperti della Danish Cancer Society rappresenta il capitolo più recente di una dibattito scientifico che da tempo vede sotto esame le terapie anti-sterilità e i loro possibili effetti collaterali. Un’attenzione motivata anche dalla loro crescente diffusione. Nell’arco dei 16 anni considerati, sono stati registrati 156 casi di tumore dell’ovaio, ma nessuna correlazione significativa con l’uso di farmaci per la fertilità (gonadotropina, clomifene citrato, gonadotropina corionica e ormone di rilascio della gonadotropina). Gli autori dello studio hanno sottolineato che i dati da loro raccolti sono rassicuranti, ma non intendono abbassare la guardia, perché le donne esaminate non hanno ancora raggiunto l’età di massimo rischio per il cancro dell’ovaio (avevano in media 30 anni alla prima valutazione e 47 alla fine del lavoro) e andranno ancora seguite nel tempo.
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I risultati della ricerca danese smentiscono alcuni dati raccolti negli ultimi vent’anni, che evidenziavano invece un certo aumento del rischio di tumore dell’ovaio soprattutto per le donne sottoposte a numerosi cicli di stimolazione (10 o 12) e ciononostante mai rimaste incinte. Non si è però mai giunti a certezze definitive, anche perché la maggior parte delle ricerche non sono riuscite a distinguere fra i rischi della stimolazione farmacologica e quelli dell’infertilità, che di per sé è un fattore di rischio riconosciuto per questo tipo di neoplasia.
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«Dato il numero crescente di donne che cercano trattamenti per la fertilità, i dati positivi della Danish Cancer Society sono informazioni importanti per i medici e per i loro assistiti – ha commentato Penelope Webb, ricercatrice del Queensland Institute of Medical Research di Brisbane, Australia, in un editoriale sullo stesso British Medical Journal -. E in un mondo dove le donne sempre più navigano in internet a caccia di notizie sulla salute, i medici dovrebbero trovare il tempo per discutere con le loro pazienti e aiutarle ad avere un’informazione adeguata».
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Donatella Barus
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http://www.corriere.it/

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