mercoledì 25 novembre 2009

Il ritorno a casa


Sempre durante il primo ricovero, il primario del reparto dove fu ricoverato papà mi chiamò nel studio, con mia madre, e ci fece tutto un discorso dolorosissimo... ci disse che se papà avesse avuto problemi (evidentemente respiratori o cardiaci) loro avrebbero optato per non rianimarlo... questa fu un'altra batosta tremenda. Non rianimarlo voleva dire lasciarlo morire, voleva dire che comunque era già spacciato, era già morto... come si poteva pensare ad una cosa simile? Lui era lì, sul suo letto, che continuava a leggere il suo giornale, a scherzare, a dire: "Ora che torno a casa mi mangio una bella pastasciutta"...e pensare che un uomo così lucido e con così tanta voglia di vivere sarebbe stato lasciato così, in balia di se stesso non era forse un tormento? Da quel colloquio comuque tornai da lui col mio solito sorriso ma piansi tanto, tantissimo.


Una volta tornati a casa, piano piano, iniziammo le cure domiciliari. Da principio ci dissero che era una situazione momentanea, che potevamo in ogni istante slegarci dall'ADIMed, in realtà siamo stati sempre più in simbiosi con loro.

Papà venne dimesso di sabato e dopo nemmeno due ore dovetti fare la prima siringa sottocute di morfina. In ospedale ero sempre stata molto attenta a cosa le infermiere facevano a papà per tre semplici motivi: prima di tutto perchè è il mio papà e guai a chi me lo tocca :o) io dovevo controllare cosa gli facevano, se gli facevano male e se me lo trattavano bene; seconda cosa per curiosità, perchè sono molto attratta da questo mondo medico; terza cosa perchè, ahimè, sapevo che avrei dovuto farlo anch'io prima o poi, a casa. La prima siringa andò bene, ricordo che provai su una mela prima... e ricordo anche che tra la mela e il braccio di papà c'era una ENORME differenza!

Il lunedì venne Lucia, una splendida, bravissima infermiera con cui avevo da subito instaurato un bel rapporto. Mi insegnò come fare le flebo. Per fortuna nostra papà ha il port per cui potevo usare quella via per le flebo, ma dovevo stare molto attenta alla pulizia. Lucia veniva una volta a settimana a cambiare l'ago di Hubert. Io mi disinfettavo per bene le mani con l'amuchina, toccavo il filo solo con le garze sterili imbevute di amuchina, attaccavo la flebo. Quando finiva preparavo il lavaggio prima con la fisiologica e poi con l'eparina per non far ostruire il port, e infine ricoprivo tutto con una garza sterile e fissavo l'ambaradan al petto di papà.

Le prime flebo erano solo di glucosio in cui, però iniettavo anche delle vitamine: la soluzione aveva un colore giallo fluorescente e durava solo 2 ore al giorno. Papà poteva comunque muoversi, ci avevao portato il palo :) Palo su cui pronatmente attaccai un cuore grande di plastica con scritta una frase del tipo: "sei il papà migliore del mondo" e cose simili che non ricordo più :,o( Questo cuore glielo misi di nascosto nel taschino della giacca, prima che chiudessero la bara... così se l'è portato sempre con sè, il mio cuore sul suo cuore...... Questa flebo serviva solo per integrare l'alimentazione.

In queste prime due settimane la situazione non migliorò molto. Lui continuava a vomitare con regolarità però con tempi sempre più ravvicinati. Anzi, a volte si provocava lui stesso il vomito perchè così sentiva meno dolore all'addome sempre gonfio. Vomitava, stava un paio di giorni senza mangiare, mangiucchiava e poi ricominciava il ciclo... Le gambe iniziarono a gonfiarsi, papà si sentiva sempre stanco, dormiva male e poco, sempre con la luce accesa, ogni 6 ore gli facevo la morfina... Aumentammo la dose di morfina attraverso i cerotti: 100 ogni tre giorni. Il morale era a terra: papà dimagriva continuamente, piangeva perchè io avevo dovuto smettere di studiare per stare dietro a lui. Voleva che chiamassimo un'infermiera che prendeva il mio posto, ma fui categorica: al mio papà ci devo pensare io. Aviano ci aspettava per le terapie (blande, giusto per dargli l'idea che stesse combattendo ancora) ma si doveva rimandare ogni settimana. Papà premeva che doveva andare ad Aviano, che se non fosse andato ad Aviano i marcatori avrebbero continuato a salire e sarebbe stato sempre più duro vincere. Ci faceva prendere apputamento con la Dottoressa Buonadonna per la terapia, ma poi i lunedì che bisognava andare si tirava indietro perchè non ce la faceva. E se non se la sentiva di andare significava che era proprio a pezzi.
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Sia a causa della subocclusione, sia a causa della morfina in dose sempre crescente, aumentò anche la nausea che non riuscivo a controllare con le medicine che mi aveva dato il Dottore (anzi, i Dottori, dato che a seguiric erano il medico di base e il Dott. Zarpellon, medico responsabile dell'ADIMed).

Gli aveva ripreso anche a far male anche la gamba che, vent'anni prima, aveva subito la rottura della testa del femore...
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I brividi di freddo e la febbre alta che gli faceva sbattere i denti...
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Insomma, sembrava che tutto fosse contro di noi...

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